La seconda foto

DONNE SULLA PORTA – di Sandra Conticini

Anche quest’estate sono lì, la Giuseppina, l’Ida, la Maria e l’Elsa, ma manca la quinta la sora Giulia che quest’inverno se n’è andata.

Io l’ho detto a mi’ figlioli, dice la Giuseppina, quando muoio buttate via tutto e vendetela quella casa, ma fate le cose a modino, altrimenti vengo a tirarvi pe’ i piedi!!!!

Tutti gli anni si mettono li con i loro lavoretti e passano l’estate  tra una chiacchiera e l’altra a fare le solite cose da ormai cinquant’anni.

La Giuseppina, la leader del gruppo ed anche la più giovane, ha le samnie perchè vorrebbe andare in giro per i paesi a ballare o alle feste ma, come dice lei, le altre non ce la fanno sono troppo vecchie e, fra patate, calli ai piedi e dolori alle ginocchia è un miracolo se arrivano alla porta.

Ci furono degli anni che aveva trovato delle persone più giovani che andavano in ferie nella casa accanto alla sua e la sera la scarrozzavano a cene e balli e lei era contenta. Le altre passavano la serata a parlare alle sue spalle ed il giorno dopo tutto era come prima.

Anche quel tempo è passato e si è dovuta rassegnare a stare lì fuori con queste amiche a farsi prendere dalla noia.

Eh sì perchè quello è uno dei tanti paesi fantasma, sempre vuoto in inverno e in estate ci sono solo persone anziane che non sanno come fare la spesa perchè negozi non ce ne sono e si devono raccomandare a questo o a quello per farsi portare qualcosa.

In inverno si lamenta e spera di poter andare presto alla casa in campagna per stare fuori in compagnia. Quando poi è li non vede l’ora di tornare in città e chiama i figli perchè la riportino a casa, ma poi non vuole tornare. 

La terza foto

Giocando da Cecilia – di Carla Faggi

Forza, prova, ce la farai!

Guarda come faccio io, uno due e…salto!

Ecco, guarda anche Luca, tre quattro…doppio salto!

Via, prova anche te, non è difficile. Vedi si fa così…cinque sei…sono su una gamba sola!

Anche Gabriella salta, sette otto…si tiene con una mano e gira…è bravissima, lo puoi fare pure te!

Non essere paurosa!

Nove dieci…vedi Tina come è brava, doppio salto mortale e Carmela, undici dodici…a testa in giù, incredibile!

Forza, prova, non è difficile!

Vedi come fa Chiara…tredici quattordici, triplo salto mortale, e poi Vanna…stupenda, quindici sedici, è bravissima!

Che dici? Vuoi provare anche te? Peccato…è troppo tardi! Ormai…!

Sta arrivando Cecilia e si fa un altro gioco!

Le tre foto

Il tubo – di Stefania Bonanni

Non succedeva mai niente, in questo paese dimenticato, a metà  strada tra il mare profondo, ed il deserto di una smisurata campagna arida.

Fino al giorno in cui arrivò la notizia dell’oleodotto.  Avrebbe attraversato il mare, sarebbe sbucato proprio qui, e avrebbe proseguito distruggendo il paese, gli ulivi, quella misera nostra campagna. Tutto sarebbe stato più  povero, più deserto, più inutile, più  brutto, e soprattutto, non più nostro.

Ci si ritrovava in piazza, seduti sulle panchine di pietra, tutti i giorni, tutto il giorno, fin da quando eravamo piccoli. Mai molto allegri, più spesso annoiati, sempre sognando e parlando di andare via. Solo che non si sapeva dove,  né a far che. E consapevoli che si sarebbe stati soli.

La notizia dell’arrivo del tubo ci aveva devastato. Solo sul momento, però. Perché poi ci era nata dentro una rabbia che cresceva via via che passavano i giorni. La rabbia ci aveva scosso, ci dava energia e parole, e voglia di gridare, ma anche di ballare,  cantare, e di ridere. Di saltare e di abbracciarci.

Finché  il tubo arrivò davvero. Nessuno ci aveva ascoltati, né  visti, né  sentiti.

Un tubo gigantesco,  piazzato tra il mare e la spiaggia, subito dietro la barriera di scogli.

Ci si avvicinò con sospetto. Era enorme: un lombrico transgenico, un’arteria di ferro. Ma la dimensione che più ci colpì fu quella del foro, dentro al tubo. Lucido, rifletteva le onde e moltiplicata il riverbero dei raggi di sole.  Sembrava un’armatura. Poteva essere un’armatura. Faceva sognare. Sembrava il carapace di un animale sconosciuto. A noi sembrò una tana. Era rovente di giorno e freddissimo di notte, ma ci nascondeva e riparava. Non ci pioveva, come in piazza. Non si vedeva nulla,  guardando da fuori il riflesso del sole sul metallo faceva sembrare tutto buio. Ci si poteva cantare, ed il rimbombo faceva compagnia, ci si poteva rintanare bagnati appena usciti dall’acqua, si ballava, si scivolava sulle pareti tonde.

Non ci si divertiva così  da quando avevano smesso di alzare il palo della cuccagna, in piazza.

Guardare insieme tre foto

Gruppo di signore in un esterno – di Nadia Peruzzi

Più di uno al paese andava raccontando che ci erano nate su quell’angolo di strada,in quello scorcio di case un po’ sgarrupate ma vive. Si erano ritrovate a giocare lì con i loro vestitini a fiori, ai tempi della scuola,nelle ore del pomeriggio a compiti fatti.Crescendo, quel canto del paese era diventato il luogo dei segreti della loro adolescenza, dei primi amori che si dovevano tener segreti ai genitori e dovevano rimaner celati nel patto ferreo fra loro,pena la rottura della loro amicizia. Poi il racconto dei matrimoni e dei fidanzamenti,dei figli in arrivo o già arrivati e le complicazioni ,le ansie ,la felicità che ognuna trasmetteva alle altre.Adesso chi passa vicino a loro e le saluta mentre rincasa le guarda come sopravvissute di un mondo non più al passo con i tempi. Troppo sanguigno e fatto di rapporti diretti, sull’uscio di casa,dopo aver fatto le faccende di corsa per trovare il tempo per parlarsi e stare insieme facendo pure qualche lavoretto per diletto. Più di una volta era il prendersi in giro con bonomia ad avere il sopravvento, spessissimo il divertimento era fare il liscio e busso a chi si ritrovava a passare davanti a loro.La signora Argia era quella che se la passava peggio.Appena sentivano il ticchettio dei tacchi da 12 in fondo alla via,erano già pronte a farle la radiografia.Quanti bracciali,quante collane,quanto trucco! Era un po’ sopra le righe la signora Argia ,le piaceva mettersi in mostra e loro non gliene perdonavano una. Avevano scoperto anche il primo dei tanti ritocchini che si era fatta nel corso degli anni. “ Ma non si guarda allo specchio prima di uscire con quelle gonne così corte?E quelle labbra ormai a canotto?”“ E qui poeromo di Alvise come farà con tutte le corna che si porta appresso da anni?Possibile che un si sia mai accorto di nulla? Ohimmena,che mondo arrovesciato!” E giù a sferruzzare l’ennesimo maglioncino che poi nessuno dei nipoti si mette mai. “ Vanno dai Benetton, loro, mai avuto il piacere di vedergliene indossare uno alla Luisa ”, dice la Pina.“Ma lo sapete, fa la Giuseppa, che l’Alice l’è incinta? Ma mica di su’ marito. Sembra di uno che l’ha incontrato in discoteca una sera che la c’è andata con le amiche!” “Che tempi” dicono in coro le altre! La trina di uncinetto sembra non finire mai. Forse è come quella di Penelope . La sera a casa l’Armida la disfa per rifarla uguale uguale il giorno dopo . Ne ha fatte così tante di trine all’uncinetto che ormai non sa più dove attaccarle. Anche la stanza da bagno ne è piena e sa che suo marito non le sopporta più. “Sono stufo di vivere dentro una bomboniera !Prima o poi te le stacco tutte!” le ha detto più di una volta. Nell’epoca del tutti frettolosi e tutti chiusi in casa , quel quartetto è diventato man mano la memoria storica e insieme l’autobiografia del paese. Il paese è così si sa tutto di tutti, ma qualcuno ne sa sempre più di qualcun altro e le arzille vecchiette non erano seconde a nessuno. Non è difficile pensare che dopo aver vissuto per tanto tempo insieme, per non far dispiacere all’una o all’altra, possano anche passare a miglior vita tutte nello stesso momento.E perché no anche su quell’angolo che ha visto srotolarsi le loro vite, le loro gioie , i loro dolori , le loro ciarle venate di ironia e molta saggezza contadina. Il sindaco, noto anticipatore e organizzatore indefesso, da qualche tempo rimuginava  su come tradurle in fonte sempiterna di ispirazione. Un monumento per consegnarle all’immortalità sarà sufficiente e di che tipo? “ Quasi quasi ne parlo con il geometra Compasso, è un tipo un po’ strano,  ma di idee ne ha da vendere e penso che  faremo proprio un bel lavoro”.