L’aceto vero

Perfume de vinaigrette – di Rossella Gallori

Chi l’aveva conosciuta giovane parlava di una ragazza dalla femminilità prorompente, di una “bimba deh!” molto elegante, di una signorina di famiglia benestante, che suonava il piano ed  aveva pure la governante, una che adorava il bluette in tutte le sue sfumature, preferiva le scarpe décolleté, meglio se di camoscio, che indossava anche per andare a scuola, con le calze con la cucitura, la vita stretta da alte cinture rivestite della stessa stoffa dello chemisieur , sempre un po’ troppo scollati….una ragazza che profumava di Crepe de Chine….di una casa immensa piena di donne: nonne, tate, zie, bisnonne, sorelle, insegnanti, si narrava pure di uno chauffeur ….

Poi….poi  arrivò quella “magica primavera del 38” che la vide innamorata persa, e sposa dopo pochi mesi, ignorando un futuro funesto ed annunciato…

Si trovò così, la Giulia, da via Strozzi a piazza Muratori…abbandonò il rullar delle carrozze, per il rumor del treno…. con quei suoi 18 anni ..marito, figlio, suoceri, silenzio ed un po’ di miseria, tanto per gradire, e quell’odore di aceto vero, di un rosso ormai sconosciuto, in una casa lunga ed un po’ razzista, aceto, per sgorgare, per dare il cencio, per cucinare….come fece per la povera lepre uccisa dalla 1100 grigia del babbo, che scuoiò piangendo, e preparò in “ dolce e forte” come piaceva ai Gallori, e la servì sul tavolo di marmo che era un po’ rosa e sapeva anche lui d’aceto….e non mise la tovaglia, che per mia madre era bestemmiare….e lo raccontava a me, che non ero testimone dell’epoca, lo raccontava sorridendo… perché poi, sai, tutto andò peggio….

Si tutto fu  fiele…e quell’aceto forse fuggì con lei…altro che Crepe de Chine…nella cantina della vigna a San Casciano, dove si rifugiò durante la guerra, con la pancia che cresceva e due bimbi da accudire…

Po, poi finì tutto, la casa, le persone, un po’ anche i sentimenti…ma riapparve l’aceto…che era Cirio ed aveva un altro colore…e la bottiglia si buttava via…e nessuno investiva più lepri…e la 1100 grigia  era svanita,….i ricordi avevano odori che nessuno aveva voglia di ricordare…e che ritrovo ora io, ma non son più schiaffi, ma carezze….

Aceto…..più o meno

Piacevolmente aceto – di Chiara Bonechi

Non è il vento ma un pentolino sul fuoco che emana profumo, un misto di forte e di dolce che solo quando è ben bilanciato è perfetto.

Si tratta del pentolino dove si sciolgono una parte di aceto, una parte di acqua, cioccolato fondente, zucchero, pinoli, uvetta, cedro candito, miscela che darà quel gusto eccelso alle carni in dolce e forte.

Avvicino il naso fino ad agguantare il vapore che sale mentre il tutto bolle.

Se l’odore è troppo pungente bilancio con altro zucchero la quantità di aceto in eccesso; al contrario, se quel profumo pungente che penetra nelle narici e poi per la gola fino a farti tossire non si fa sentire, è il caso di aggiungere aceto.

Odore invadente

Disperazione ossessionante – di Sandra Conticini

Già era un periodo abbastanza disperato di suo. Quell’estate, poi, eravamo state anche assalite! Tutte e due! nonostante si fosse state attente e si guardasse sempre bene dove mettevamo i piedi. Ma quel campeggio era pericoloso, non lo avevo calcolato, anche se me lo avevano detto in diversi di non abbassare mai la guardia. E così tutte e due fummo prese! Nello stesso giorno, nello stesso modo e da allora il problema diventò il nostro segreto, la nostra ossessione, la nostra disperazione costante. Lavavo tutto tutti i giorni eppure nulla, non si riusciva a dimenticarci di loro.

Poi mi ricordai del rimedio della nonna: aceto bollito e passato, con il cotone, ciocca ciocca e su tutti quei ricciolini fitti fitti. Nonostante la paura che l’odore di aceto si sentisse, continuai per parecchi giorni, ma loro, i pidocchi, non se ne andarono.

Era diventata un’ossessione che, per fortuna, se la portò via Babbo Natale!!!!

Odore di sapone

Il Lavatoio – di Nadia Peruzzi

IL profumo lo si sentiva a distanza e spesso in inverno arrivava avvolto dentro una densa nuvola di vapore. Ero piccola quando accompagnavo la nonna ai lavatoi di Antella.

Lei portava il catino con i panni, io invece il resto. L’essenziale per fare il bucato: il sapone di  marsiglia, il turchinetto, la lisciva. Ognuno col suo profumo che diventava nelle mie mani uno strano miscuglio che faceva pensare a quello che lenzuola, federe, tovaglie avrebbero restituito dopo,una volta  tornate a casa, dalla pila dei panni asciugati e stirati. Profumo di fresco, di pulito. Di buono.

Ci accoglieva uno stanzone lungo con tante vasche grige e un rumore chioccolante di acqua che con le varie cascatelle si apriva la strada fra una vasca e l’altra. Spesso era il rumore dell’acqua che si prendeva tutta la scena, ma a volte, quando c’erano troppe persone si intrecciava alle risate e alle voci cristalline che arrivavano a sovrastarlo.

In quei casi si doveva pure mettersi da una parte ad aspettare il nostro turno, data la folla! Lo si faceva volentieri, non certo con l’impazienza che avremmo avuto oggi.

C’era calore umano in quello stanzone a contrastare l’acqua gelida,le mani screpolate e arrossate, e i geloni che sarebbero arrivati . Fra una insaponata e l’altra e, mentre si cercava di far venire bianco il grigio col magico turchinetto ,le chiacchiere prendevano il sopravvento . Erano donne giovani e vecchie che parlavano in tutta libertà e in gran confidenza.

Scoprivi i fidanzamenti, anche quelli che ancora non erano dichiarati, i matrimoni che stavano per arrivare, i tradimenti, le nascite e le morti.

L’atto del lavare stava dentro un rito collettivo e ad avere la meglio era il senso di comunità solidale che si respirava in quello stanzone. Se ne usciva con i panni puliti ma non solo con questo. Spesso i momenti passati li si trasformavano in scuole di vita e di trasmissione di esperienze con le giovani che talvolta chiedevano consigli alle più anziane per muoversi nella vita !

Quello che è venuto dopo, la lavatrice in casa e pure la tv pur segnando la linea del progresso necessario, non ha saputo tener in piedi come si sarebbe dovuto la comunanza con cui ci si ritrovava nei luoghi collettivi anche se si trattava di fare insieme i lavori  più umili e pesanti. Rinchiusi nel privato più che guardare girare il cestello della lavatrice, in attesa che finisca il lavaggio, non si può fare! Forse una o più occhiate al cellulare per ingannare il tempo che sembra essere sempre troppo poco.

Mancano le voci, l’allegria che talora diventata tristezza o pianto visto che non tutte le giornate erano uguali .

Anche il vecchio lavatoio non c’e’più , ormai langue rinsecchito da anni dentro le mura di una casetta costruita proprio lì sopra!

Odore pungente

Come il mare – di Luca di Volo

Scorre su, s’insinua potente

  Sveglia e turba la noia

  Anche lui induce il respiro

   Come il mare profondo

   E pungente: respira

   E ci culla, il nostro alito

   Col suo si accorda

   Purezza: mare pulito, fresco, profondo

   Si abbuia negli abissi

  Quest’odore come lui

  Antico pare, porta la vita

Come soleva fare alle damine

 Dell’800 (ma loro sol fingevano)

 E anche lui si fa nel profondo

Misterioso, non più urticante

Ma purificatore, lasciando

nell’anima l’eco del candore

 Perduto. 

Lui, l’odore di aceto.

Odore di fiume

Di cosa è fatto l’odore del fiume – di Stefania Bonanni

Siamo solo una delle curve di un fiume che viene da lontano, e proseguirà. Con l’acqua che scorre, e quell’odore che solo questo pezzo di fiume trasmette, così, e lo moltiplica. Odore d’erba bagnata, di muschio, di un marcio inevitabile. Odore scuro, di spuma marrone, sbatacchiata tra i sassi. Odore di piena, d’inverno, di alberi spogli e rive ricoperte di strappi. Odore che cambia, con il sole d’estate, ma si riconosce nell’ombra, e nelle pietre bagnate. Odore che rimane attaccato ai pescatori.  Odore che si portava a casa il mio babbo, negli stivali, nella canna da pesca, nel retino, nella canottiera. Odore che riconosco sempre, che mi fa sentire casa questo fiume, che è  sempre stato la cornice delle nostre giornate. Andare all’Arno è ripercorrere sentieri già camminati, tirare su con l’aria odori di ore di acqua, di sole, di amici, d’amore, di scorrere e ribollire. Sapere che può  tutto cambiare, finché ci riconosceremo, in questo odore.