Ansiogeno

Attesa da far paura – di Laura Galgani

Era in quella stanza ormai in penombra da un tempo breve, ma le sembrava già infinito. La bottiglietta d’acqua che aveva portato con sé, e che aveva appoggiato sulla tovaglia azzurro cielo a pois bianchi, di quelle fatte di una plastica che vuole assomigliare alla stoffa, rilanciava piccole scintille di luce, appena percepibili al suo sguardo ansioso.

Dalla bottiglietta trasparente, inconsistente solo in apparenza, i suoi occhi si spostavano in continuazione, nervosi, al vaso di terracotta poggiato lì accanto, color terra di Siena con un ramage di foglie d’ulivo dipinte a mano da un artigiano che lei frettolosamente giudicò poco esperto, avendo inciso senza troppa grazia dei solchi grossolani nella creta ancora fresca.

Nervosamente percorreva quei tratti, e ogni foglia le sembrava un presagio di malasorte: i bordi neri si legavano inevitabilmente ai pensieri ansiosi che le prendevano la mente e il cuore. I fiori secchi dentro al vaso, privi di vita ormai da tempo, non facevano che acuire quella sensazione di secchezza che provava nella bocca, quasi dovesse masticarli uno ad uno mentre attendeva il temuto responso…

Insignificante

Un vaso insignificante – di Carmela De Pilla

Eccolo, è lì, con i suoi fianchi sinuosi e morbidi, mi ricordano un po’ quelli di Tecla, la mia Tecla pronta a travolgermi con il suo amore che straboccava dalla sua figura abbondante .

È  un vaso semplice anzi quasi insignificante, realizzato forse da un apprendista inesperto che ha dipinto tralci di rami nel tentativo mal riuscito di renderlo più bello, ma a lui tutto ciò non interessa, gode solo del piacere di accogliere mazzi di fiori  e ogni volta si sente più importante e per un attimo è felice.

Polvere su vaso – di Gabriella Crisafulli

Il vaso trionfava su una marea di pois. Si stagliava all’azzurro della tovaglia a ricordare come tutti quei fiori, ormai secchi, erano lo spunto di mille starnuti che si sarebbe portata dietro tutta la notte.

Il vaso – di Simone Bellini

Non so perchè fosse stato scelto quell’insipido vaso di coccio, dalla misera forma di una povertà assoluta, riempito con dei rami e fiori secchi di una tristezza infinita e per di più appoggiato su un tavolo con una tovaglia celeste a pois bianchi che dava vita ad un orrido contrasto.

Ensemble bruttino e disordinato – di Mimma Caravaggi

La tavola rettangolare, con la sua tovaglietta celeste a pois bianchi stesa malamente oltre ad essere piena di oggetti vari, mi dà un’ansia particolare che non so descrivere. La moltitudine di bottigliette che si ergono a segnalare il posto di ognuno di noi e gli occhiali appoggiati in attesa di essere inforcati per leggere e scrivere, le penne di ognuno così diverse nei colori e nelle scritture mi infastidiscono. Vorrei rimettere tutto in ordine nelle postazioni di ognuno: le penne accanto ai blocchi, le bottiglie sparire nelle borse appoggiate allo schienale della sedia, ben piazzata e squadrata ad accogliere il didietro dal più grande al più piccolo e Il vaso messo al centro con fiori ormai stecchiti, è quello che disturba maggiormente la mia vista e voglia d’ordine, ma è quello che seppur bruttino va a completare quella strana tavola imbandita.

Il tavolo – di Anna Meli

            Sono seduta ad un tavolo coperto con una tovaglia azzurrina a pois bianchi, piuttosto anonima.    Sopra vi sono vari oggetti: una borsa morbida bicolore rosso scuro e marrone, sembrerebbe di pelle, ripiegata su se stessa quasi inchinata, in attesa di una mano che la prenda rendendola utile  a qualcosa.   Accanto un vaso giallognolo con disegnati ramages forse di olivo. Al suo interno fiori secchi di aglio o cipolla di una tonalità di colore un po’ più chiara. La bottiglietta d’acqua lì vicino, in tempi ormai lontani avrebbe potuto servire ad evitarne la fine…forse. Ma ormai è troppo tardi.  Due paia di occhiali seduti sulle lenti sono pronti all’uso. Due bustine porta-oggetti, una a colori vivaci l’altra grigiastra, completano la vista.

            Sembra che tutto sia in attesa di qualcuno o di qualcosa che rompa l’assoluta immobilità della scena.