Il vaso rubato – di Rossella Gallori

Continuavo a ripetere a me stessa, che ero capitata li per caso, o quasi…
Il grande portone cigolò, lo spinsi con tutta me stessa, traballai, sui tacchi “fuori ordinanza”
L’ingresso era poco illuminato, ma caldo ed accogliente, le piccole appliques di cristallo riflettevano un’immagine di me più snella, più giovane, una “ me” più gradevole, che aveva solo fame di sogni …. Avevo ancora in tasca il suo biglietto diceva: ti aspetto…con l’ora e l’ indirizzo, un cartoncino microscopico di color miele d’acacia…una scrittura così piccola da esser quasi illeggibile, ai miei occhi astigmatici , quasi…
Salii in fretta le scale, la guida di velluto cremisi, copriva del tutto i vecchi gradini di pietra serena , vantava aste di ottone ben rifinite da piccoli pomelli a forma di testa di cigno, la lucida piastra determinava la fine di quel mio lento ed ansioso percorso , inciampai malamente nell’ unica vite sporgente, non bussai, atterrai letteralmente sulla sua porta, che si spalancò sotto il mio peso….lui era li con i boxer di lino azzurro a pallini bianchi, le giarrettiere sfilacciate sorreggevano calzini semilunghi in filo di scozia grigio polvere…in testa una patetica retina fermacapelli….Sorrise, socchiudendo occhi color frittata di carciofi, ma fu per poco…tolsi le mari jane con il tacco 12….e fugii, soffermandomi un attimo di fronte alla piccola consolle per afferrare e nascondere in borsa una brocca di coccio, con annessi fiori polverosi che a mo’ di pollicino, segnarono il mio percorso sulla guida vetusta ed elegante …. Scansai, per fortuna la vite sporgente, non caddi…..non vacillai




