Il soldato Joe

Il soldato Joe – di Rossella Gallori

….e non so nemmeno se si scrive così, so che ne ho sempre sentito parlare: quando arrivarono gli americani…..la cioccolata…il banjo….le finestre spalancate….loro…il babbo che faceva da interprete….quel presidio a villa Fabbricotti…Nelson e….Joe , il soldato, il tenente…

Ricordo bene che faceva caldo, non caldissimo, quindi maggio, giugno? Si, primi di giugno, l’anno? Il 68…il 69…poco importa, il tocco (le 13 per quelli non proprio di qui) le espadillas ai piedi, il vestito, che era più una polo lunga, il passo svelto, un ciao frettoloso ai commessi di Cresti,  a quelli di Bata, un “a dopo” al commesso bello di Raspini… via Martelli, così centrale e così borgo,  una corsa per acchiappare l’ autobus  direzione  casa mia…2 ore di intervallo per andare, tornare, fare una doccia per togliersi il puzzo del penetro di dosso, cambiarsi e tornare a negozio, mettere la divisa ed esser puntuali dietro al banco…

Il bus è affollato, si ciana tra commesse…poi  un: sorry mi distrae…sfodero quelle 50 parole di inglese che so ed un po’  mi servono  per il mio lavoro…can i help you?

Sorride la signora morbida accanto a lui, sembra sud americana, lo è ….cercamo via Statuti….

Comprendo che cercano via dello Statuto confermo:  with me! Augurandomi che la conversazione non vada oltre…6/7 parole del mio bagaglio anglosassone son già andate!!!

Scendiamo insieme, lui, ha negli occhi un sorriso che vagamente, forse sbagliando…ricordo.

Cerco di seminarli , ho fretta…mi  raggiungono, lei trotterella, lui cammina spedito, è un bel signore sulla cinquantina, ha un sacchetto in mano con la bandiera a strisce e stelle ben evidente, lei  capelli nerissimi e cotonatissimi….fa da interprete al marito: dos/ tres  ninös , un uomo una donna, Lei Giulia…lui George….

Anche ora, mentre scrivo, il mio cuore corre, accellera, si, cercavano mia madre e mio padre, a più di 25 anni dalla fine della guerra, ed il caso aveva voluto che incontrassero me, il destino aveva dato loro i tasselli di un puzzle,  pochi pezzi…scompagnati: “una giovane donna ebrea, un uomo un po’ più grande che parlava perfettamente l’inglese due figli maschi, forse tre, un negozio di stoffe in borgo San Lorenzo, una immensa casa, dopo una vasca con i cigni….

Joe si fa coraggio e prende la parola, io sono ferma impietrita: “ho portato per George smuchers, butter…arachidi….”

Ricordo quando il babbo cercava a Livorno, al mercato americano,  il burro di arachidi…poi compravamo il pane e facevamo merenda, parlando di cose che io così piccola capivo il giusto,  del suo ruolo come interprete alla fine della guerra, il soggiorno di due soldati a casa nostra…mi parlava di Joe, e di quel burro salato che divideva con i miei fratelli, mi parlava di gioie immense, della voglia di dimenticare, del vecchio giradischi del bughi, che i miei fratelli ballavano per le scale….

Ed ora tutto questo era li, in una estate già annunciata, a pochi metri da casa mia, ricordavo bene la foto, che spesso la mamma mostrava a me, che per fortuna  non c‘ero….e della guerra, di cui ho solo  sentito l’ eco….

Non so come feci a farmi capire, mio padre non c’era pìù da diversi anni, i miei fratelli erano due giovani uomini, poi, ora, c’ero anche io…..

Ci abbracciammo Joe, Irene, ed io, riuscimmo a restare avvinghiati uno all’altra anche per le scale, che lui riconobbe, suonai, la mamma mi aspettava, un vecchio sottabito nero, la sua mise preferita…. Aprì distratta la porta, la casa sapeva di braciole fritte…

No, non riesco a descrivere, la gioia, il dolore, il riconoscersi, il non parlare la stessa lingua, capendosi alla perfezione, i miei fratelli che cercavano di ricordare,  Joe che mi chiamava Giorgia, ricordando il babbo….e fu li che apparve la foto, l’aveva scattata Nelson…un ebreo americano emigrato in Israele….la mamma lo ricordava bene.

Sono stati con noi solo 48 ore, non di più, avevano chiamato la loro prima figlia Fiorenza, in ricordo degli anni passati da noi, del  “ SOLDATO JOE”, ci restò la foto, 2 barattoli di burro di arachidi, ed un indirizzo, ci siamo scambiati auguri e pensieri per anni, poi mia madre ha perso tutto, lei diceva che erano le cose che perdevano lei, una delle sue bugie….

Sono passati 50 anni, la foto è li, senza data, con tanta storia, le ho dato un nome…..SPERANZA

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

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