Mancato “Ponte” con sorpresa – di Laura Galgani

Venerdì 26 aprile 2019, giornata perfetta per un bel “ponte”. Ma io no. Ho fatto già un paio di giorni di ferie, altri due li farò presto e allora vado a lavorare per permettere ad altre colleghe di godersi un po’ di riposo. Sono fatta così, c’è poco da fare.
Non lo sapevo, ma quel piccolo sacrificio nascondeva già, dentro di sé, una grande ricompensa.
Mattinata indaffaratissima, c’era da aspettarselo. Meno siamo, più c’è da lavorare. Non importa, ci sono abituata, cerco di essere gentile con tutti e di dare risposte, se ce n’è.
Verso le 11 una coppia si affaccia timidamente alla mia stanza, mentre sto finendo con una famiglia indiana: lui ha un bel sorriso, la pelle ambrata dal sole. Lei, volto curato, vestita bene, un leggero velo in testa, color cipria, regge in mano qualcosa, avvolto in un foglio trasparente. Chiedo se hanno un appuntamento per ricongiungimento familiare. Lui balbetta “sì, no, lei arrivata ora in Italia”, riferendosi alla moglie. “Bene, allora vi prendiamo subito un appuntamento. Ci pensa questa bella ragazza, Aneela, la mediatrice culturale.” “Noi.. aspettiamo”, mi risponde lui, poco convinto. “Va bene, un attimo e arrivo”.
Saluto la famiglia indiana e mi alzo, vado incontro alla coppia, che molto educatamente è rimasta immobile nel corridoio.
“Noi… vogliamo ringraziare”, riprende lui, e di nuovo un bel sorriso gli si apre sul volto. Sono perplessa. Lui mi sembra di averlo già visto, lei di sicuro no. E sono certa di non aver fatto niente di particolare per queste persone. Provo a chiedere, con delicatezza: “Per che cosa?” La signora, sorridendo con tutto il volto, in risposta mi porge il fagotto che tiene in mano. E’ una buffa pianta succulenta, tinta di rosa fucsia sulle foglie ma verde al centro, avvolta in un tessuto rosa e infilata in un calice di vetro. Il tutto protetto da un foglio trasparente, di quelli che usano i fiorai, con in cima un bel ricciolo color rosa baby. Un po’ kitsch, forse, ma particolare. C’è persino una mollettina di legno che tiene un bigliettino. “Leggi”, mi invita lui. Poggio il fragile involucro sulla scrivania e prendo il bigliettino. Dentro, scritto in una delicata e bella grafia, solo la data di oggi e due parole: GRAZIE ITALIA. Sotto, la firma, Zuhra S. Un’emozione intensa mi sale dal cuore. Grazie Italia… non è me che vogliono ringraziare, né il o la collega che ha trattato la loro pratica, non una persona in particolare, il loro gesto vale molto di più, vogliono assolutamente esprimere riconoscenza verso un Paese intero. Mi giro verso di loro. Aspettano la mia reazione. Il volto di lui mi è sempre più familiare, e infatti: “Io sette anni qui, asilo politico, ti ricordi?” Sì, pian piano qualcosa mi ricordo. “Da quale Paese venite?” “Afghanistan” Ecco, mi sembrava… arrivò che era impaurito, affamato, sporco, i vestiti laceri e soprattutto chiuso in se stesso dalla paura. Il viaggio, in gran parte a piedi, dall’Afghanistan, vuol dire attraversare il Pakistan, poi l’Iran, arrivare in Turchia e là, ad Istanbul, attaccarsi invisibili sotto ad un tir e con quello imbarcarsi su una nave, sperando di resistere durante la traversata e di non esser visti. Poi, finalmente, da qualche parte in Italia, scendere e tornare di nuovo ad essere visibili. Ma poi?
Venne, sette anni fa, a chiedere asilo accompagnato da un “kebabbaro” della zona del mercato centrale dal quale, affamato, era entrato, e che, come lui, parlava farsi.
Mi sorride ancora. “Noi vogliamo dire grazie a Italia, tutta Italia, fatto tanto per noi, ora mia moglie è qui, noi diciamo grazie.” Non so se sono più commossa o imbarazzata. Per togliermi d’impiccio cambio discorso: ”e… come va, lavori?” “Sì, io poto ulivi, piante… agricoltura. Prima Castelfiorentino, ora voglio andare a Poggibonsi, c’è più lavoro, voglio prendere una casa per noi.” “Bene, mi fa piacere, e mi raccomando, fai studiare l’italiano a tua moglie, lo sai che è importante.” La signora mi guarda e mi sorride. Ha degli occhi così profondi e aperti, in pace, che non si può fare a meno di lasciarsi catturare. Vorrei dirle qualcosa, ma non posso. Le cinque lingue che parlo non servono a niente, in questo momento. Mi sento così inutile! “Ora la collega vi prende l’appuntamento, ci vediamo presto. Grazie della pianta, la porto a casa così penso a voi.” Di solito sono restia ad accettare persino un cioccolatino, perché non voglio che si creino malintesi, ma stavolta è diverso. Non posso non accettare questo dono, che non è per me, è per l’Italia tutta! Significa “grazie perché siamo essere umani e ci avete accolti, riconosciuti e trattati come tali, consentendoci di esercitare il diritto di chiedere asilo, prima, e poi il diritto all’unità familiare”. Diritti sanciti dalla nostra Costituzione, che a noi sembrano dover essere garantiti a tutti, automaticamente, ma troppo spesso ci scordiamo che invece non è ovunque così, anzi, quasi da nessuna parte.
Nel salutarli stringo loro la mano. Quando la signora prende la mia fra le sue sento un calore incredibile, fortissimo, che si trasmette a tutto il mio essere. E’ un calore che mi fa bene, perché è sincero. E’ un calore che viene dal cuore, da essere umano a essere umano. Inaspettata sorpresa del “Ponte” mancato!
…regali inaspettati, sorrisi sinceri, una pianta speciale…dal nome semplice che tu sicuramente saprai tradurre …io la scrivo , nell ‘ unica lingua che conosco AMORE . Bel traguardo Laura….la riconoscenza è una sorpresa rara….
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Non possiamo che ringraziarti anche noi per averci raccontato questa storia che è più una poesia. La calda stretta di mano sincera con altrettanti sorrisi sinceri merce rara di questi tempi. Mi sono commossa moltissimo e ho pensato di sentirmi orgogliosa e mi piacerebbe ringraziare,come italiana, Zuhra. Se ti capita puoi farlo per me? Grazie
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Una bellissima sorpresa.Grazie per averci donato il racconto di una paese che sa essere “normale” e accogliente ..umano nel più alto senso del termine.
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Grazie Laura,tanta emozione e tanta umanita in questo spicchio di vita.
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Leggo e via via mi si stringe la gola.
Esistono persone così: grazie Italia, grazie Pakistan, grazie mondo.
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