Il rumore della passione

Accarezzai mia madre con un pettine – di Vanna Bigazzi

In un lavoro di qualche anno fa faccio un parallelo fra mia madre, all’epoca vedova da anni, e l’interprete principale del film: ”Tutte le mattine del mondo.” Il tema che li accomuna è “la passione.” Come per il signor De Saint Colombe, la morte del coniuge l’aveva irrigidita e resa incapace di esprimersi affettivamente. Dal colore freddo dei suoi occhi traspariva la passione: la passione che aveva per me, suo unico oggetto d’amore. Rarissimo il sorriso sulle sue labbra, rigido il suo corpo che si sosteneva ad un bastone, ma come mi appariva morbida la sua immagine quando toccai le sue membra pietrificate dalla morte… La sua passione per me era qualcosa di molto nascosto, una passione che se dichiarata avrebbe sorpreso tutti come quella confessata dal signor De Saint Colombe: ”è la vita appassionata che conduco…” “Conducete una vita appassionata?” chiedono stupiti l’allievo e le figlie. Il suo amore, quello di mia madre, si poteva solo intuire: ”pettinami i capelli con la spazzola” mi chiese alcuni giorni prima di morire. Equivaleva a dire:”accarezzami in qualche modo, usa uno strumento, non importa che mi tocchi.” La pettinai, le dipinsi le unghie di rosa e le massaggiai le gambe, tutte cose consentite. Lei era contenta ma per abbracciarla e stringerla ho dovuto attendere la sua morte. Con la sua morte uscì fuori tutta la mia passione per lei. La vita castigata e isolata del signor De Saint Colombe gli permetevano di non far languire l’immagine di sua moglie. Ella permaneva nel suo ricordo, il sussurro della sua voce viveva con lui. Per questo sognò di penetrare l’acqua oscura e dimorarvi: la tentazione di permanere nel ricordo; cercare così quella comunicazione mancata rinunciando per questa a tutte le cose, così in tale follia, anche per me qualcosa si sarebbe compiuto. Il signor De Saint Colombe comunicava con le figlie attraverso il linguaggio della musica dei loro concerti. Là tutti e tre esprimevano il grande sentimento che li legava, l’intesa e non c’era bisogno di parole, le parole poi non possono sempre riuscire a parlare: ”la musica esiste solo per parlare di cui la parola non può parlare, in tal senso essa non è del tutto umana.” La musica può esprimere l’inesprimibile, l’intoccabile: ”Si dovrebbe lasciare un bicchiere ai morti, un piccolo abbeveratoio per coloro che il linguaggio ha disertato, per l’ombra dei fanciulli, per addolcire le martellate dei calzolai, per gli stati che precedono l’infanzia quando si era senza respro e senza luce.” E ancora: ”Vi tengo per il vostro dolore, non per la vostra arte.” Dalla durezza può uscire la grandezza dei sentimenti, quelli veri: ”Ho affidato la mia vita alla natura, alla musica e alle mie figlie” risponde il signor De Saint Colombe al messo del re e ancora alle figlie: ”Io non trovo piacere nella compagnia della gente, né in quella dei libri ma vi amo entrambe e questo vi basti.”