Quando ero piccola, vicino a casa mia, alla Repubblica, c’era una fabbrica di lenti per occhiali. Ricordo che insieme alle mie amiche e amici, si scivolava sulle lenti che venivano scartate giù nel Mugnone perché rotte e non utilizzabili per gli occhiali. Erano tantissime e noi sopra ai cartoni ci si lasciava andare su quelle montagne di vetri come fossimo sulla neve!
Per noi era un piacevolissimo scivolone nel Mugnone e il rumore strano, vetroso che ho sentito me lo ha ricordato.
Prima domenica di primavera – di Gabriella Crisafulli
Un cielo sfumato di indaco e tortora è steso a coprire il parco di periferia. Gli aerei che passano, lo graffiano qua e là di strisce rosa mentre ombre sempre più scure colorano l’acqua del fiume.
Vicino al campo di calcio i tifosi vociano e battono ritmicamente i
tamburi. Sui piloni del ponte che riconduce a casa i migranti del fine
settimana, un gruppo di ragazzi suona la chitarra e canta mentre chi corre
ansima e suda, i cani abbaiano incontandosi, le autombulanze a sirene spiegate
colorano di blu i lungarni.
Le fiamme all’orizzonte ritagliano le sagome di case ed alberi.
Lentamente il tramonto lascia il posto ai lampioni che si accendono.
Buttare via e ricominciare – di Gabriella Crisafulli
I passanti lanciavano sguardi perplessi dentro al fondo con la saracinesca spalancata sulla strada.
Il postino si fermò: “Sgombera signora?” disse.
“No” rispose ” Sto liberando” .
In realtà stava andando via, altrove, verso un’altra vita, ma se lo tenne per
sé.
Alle sue spalle Richard e Ifemelu continuavano a accumulare i materiali
alluvionati in cassoni pronti per il viaggio alla discarica.
Si sentiva il rumore del vetro rovesciato nei contenitori.
“Quanto se ne può raccogliere in una vita?” si disse.
C’erano meravigliosi fiaschi impagliati, damigiane, bordolesi,
bottiglie infrangibili di Coca Cola degli anni cinquanta, quelle da litro per
la passata di pomodoro con l’acido salicilico, i bottiglioni da due
litri, … Alcune erano sane, tante in frantumi.
Richard e Ifemelu non si fermavano e passavano da uno scaffale all’altro:
quanto tempo ci sarebbe voluto per svuotare tutto?
Adesso toccava alle lampade, quelle con la resistenza e quelle al neon.
Più in là i piatti di Laveno, gli specchi di bagni, buffet e
toelette, i lampadari liberty, … venivano da Como, Varese, Gallarate,
Pistoia, … tutto religiosamente avvolto nella carta di giornale e serbato in
scatole marcate con la scritta del contenuto al loro interno.
“Buttare via, pensò, era arrivata l’ora di buttare via tutto per lasciare posto ad altro”.