Il richiamo della foresta

Il richiamo della foresta – di Cecilia Trinci

Quella sì, la poteva dominare. Poteva conoscerne i sospiri, le vibrazioni, i sussulti. Prevederli, anticiparli.

Tenendola stretta con le mani, abbracciata tra le gambe sapeva esattamente quanto e cosa poteva chiederle. Lei rispondeva. Chiedeva molto poco e solo su domanda. Non avrebbe mai raggiunto la porta per andarsene da sola. La mattina sarebbe stata sicuramente lì, senza ombra di dubbio, nella sua stanza dedicata e buia. Non chiedeva vestiti  né aveva bisogno di parole. Quando partiva era senza limiti, non si fermava mai prima della meta. Il rumore del vento che le risuonava dentro faceva crescere l’esaltazione della corsa. Lucida, serena, vibrante. Senza bagagli. Non ne aveva bisogno. Un bauletto stretto, senza lacci con poche cose rigorosamente essenziali. Era facile, per lui, esser orgoglioso di averla con sé, vantarsene come di un successo costante. Non c’era amore infatti, tra loro. L’amore non corre e non ha fretta, è lentezza e pazienza. E’ come il mare: pericoloso e immenso, bellissimo quando è calmo, terribile in tempesta. Bisogna conoscerlo e saper conoscere il vento e le maree, saper tenere la rotta e sapere dove andare. Anche con i figli, anche con i bambini. L’amore è stare in equilibrio sulle onde. Ma con lei bastava scendere le scale, abbracciarla, accarezzarla un po’ e poi andare per monti e per valli, per città e per campi, guardare sempre avanti e poi fermarsi e dire scoppiando dentro:  “Come sei bella! Che animale perfetto!” per poi abbandonarsi ad  osservare  con orgoglio infinito  le curve dell’orizzonte, le pieghe dei tornanti, le cupole delle cattedrali. Gli bastava per essere felice. Sentirsi parte di un infinito a sua misura, di un mondo immenso fatto di cose.

Non chiedeva, lei, di condividere pensieri, di concepire parole elaborate, di sognare sui bordi di quelle strade polverose un minimo di futuro che fosse appena appena più evoluto. Non chiedeva bambini da cullare, da portare a scuola, da medicare dopo le sbucciature, da consolare per un’enorme banale delusione. Bambini da ascoltare con le loro difficili magie.  Da lasciare quando fossero diventati grandi. Non cresceva. Non cambiava aspetto. Non aveva rughe. Non conosceva dolore. Chiedeva solo un po’ di manutenzione, un cambio d’olio ogni tanti chilometri,  il controllo  di quelle due ruote così grandi, l’allineamento del manubrio essenziale per tenere la strada.  E tanta benzina, quella sì, per non fermarsi lungo la strada inerte e sudata ad aspettare la tanica provvidenziale. Tanta benzina, facile da comprare.

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

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