ETEROCLITO – di Ivana Acciaioli, Gabriella Crisafulli, Carla Faggi

ALESSIO
Affacciato alla finestra della sua camera, di quella casa non propriamente sua, in quella famiglia che spesso sentiva
estranea, Alessio si trovava nella strana
pelle di adolescente non
ancora pronto per la muta.
La tranquilla operosa città di provincia poteva essere un luogo perfetto dove
crescere, sarebbe bastato avere le idee chiare su come voler essere e
diventare.
Era cresciuto in una famiglia dalle idee aperte, atea e di sinistra.
Lui però esprimeva idee diverse, non
sopportava il buonismo dei suoi genitori, l’accettazione incondizionata di tutte le diversità, e considerava la loro ideologia un po’ retrò.
Si poteva pensare che fosse nato in una famiglia sbagliata, vincolato ad un
ruolo che forse non rispecchiava la sua
essenza.
Dietro lo sguardo riflessivo appariva
talvolta una certa insolenza.
Non era il colore dei suoi occhi
normalmente castani, né il taglio a renderli particolari, ma il modo con
cui guardava, da sotto in su, con una profondità come a voler giudicare che
spesso creava imbarazzo.
Il soffio di aria tiepida del pomeriggio conduceva le voci e i lazzi rumorosi di alcuni suoi inoperosi
amici ; quanto gli piaceva il loro bighellonare mentre lui era costretto a
quella scrivania, dalla quale, nell’aria muta, osavano sfidarlo i libri di
scuola.
Avrebbe dovuto amarli, considerarli una ricchezza, o almeno provare un certo
rispetto, invece non riusciva a capire se veramente gli appartenessero o
fossero arrivati lì, condotti da mani decise alla sua condanna: studiare,
diventare colto, raggiungere una professione.
Il soprannome bulldozer guadagnato alla scuola media dava l’idea della sua
forza e determinatezza eppure ogni cosa della sua vita gli appariva come un
negativo, senza capire se la realtà fosse il bianco o il nero.
Avrebbe voluto uscire dagli schemi, scandalizzare, andare a scuola senza aver
fatto i compiti, arrivare in ritardo, andare al bagno sbattendo la porta senza
aspettare il permesso, rientrare a casa fuori dell’orario stabilito… e allora…se voleva contestare le regole come
spiegarsi perché in quella partita di
calcio dal risultato chiaramente combinato, aveva attaccato a testa bassa
facendo goal non ammessi, spronando i compagni a non accettare la finzione
messa in campo, e quei sordi colpi inferti al pallone con rabbia erano stati
una lezione di onestà per i dirigenti e
per l’allenatore che nello spogliatoio avevano abbassato lo sguardo.
Nel profondo avrebbe desiderato
essere più trasgressivo, ma l’educazione ricevuta lo vincolava e chissà se mai
se ne sarebbe liberato.
Sognava senza essere sognatore, in attesa di qualcosa che accadesse in lui o
fuori di lui, e intanto si vestiva talvolta da provocatore talvolta da solido
ormeggio.
Non aveva combinato niente quel pomeriggio, ormai era tardi anche per uscire,
ma in quell’ultimo sguardo rivolto alla strada era apparsa Sara, una ragazzina
della terza B, che nascondeva la sua
figura dentro abiti troppo abbondanti. Non si erano mai parlati eppure sentiva
simpatia per lei, sempre silenziosa in
mezzo alle compagne ciarliere. Quella biondina apparentemente fragile faceva
emergere il suo istinto protettivo.
Poteva correre fuori con lo skate per raggiungerla. Ma cosa dirle?
Il linguaggio
verbale non era la sua preferenza comunicativa, quello del corpo sì, avrebbe potuto farla sorridere
con qualche numero dei suoi sullo skate o forse sarebbe apparso solo infantile,
meglio rinunciare.
SARA
Capelli lunghi, lisci, con meches chiare illuminano il viso di Sara, marcato da due grandi sopracciglia scure, disegnate ad ali di gabbiano sotto la fronte alta.
Di media
statura, con il corpo marcatamente mediterraneo a vita sottile, fianchi tondi e
seno prosperoso, spesso è in difficoltà
a trovare l’abbigliamento adatto perché da una parte risulta stretto e
dall’altra largo, come nel caso delle camicette che si sbottonano sul seno
mentre i pantaloni abbondano in vita.
Da adolescente si era infagottata in grandi maglioni o camicioni extralarge per nascondere un fisico che finalmente cominciava
a esibire con orgoglio.
Timida e riservata spesso si sente frenata nell’esprimersi e le parole che le vengono in bocca le restano dentro. Questo essere così riflessiva e prudente, talvolta le impedisce di comunicare come vorrebbe.
Figlia di
genitori anziani, quando lei era nata i fratelli non l’avevano accolta con
entusiasmo. La tacita ostilità dei gemelli e la severità dei genitori,
l’avevano fatta sentire sola e incompresa in un nucleo familiare apparentemente
molto affettivo, questo le dava insicurezza.
I fratelli erano due fave in un sol guscio tutti presi da loro e fra loro; la
madre viveva proiettata alla realizzazione di un disegno in cui la sua immagine risultasse vincente; il
padre era un donnaiolo, a sua insaputa. Lei lo aveva visto con la sua bella
quando aveva diciassette anni.
L’intrusione provocata dalla sua nascita non era mai stata perdonata, lei ne
era colpevole.
Sara si
sentiva tradita da loro quattro così la sua vitalità la portava ad investire su
amici e conoscenti.
Fin da giovanissima trascorreva molto tempo fuori casa, in circoli, biblioteche, e parrocchie, dove aveva modo di incontrare
persone.
Talvolta si era scontrata col mondo circostante da cui pretendeva adesione ai
suoi ideali.
Il mancato supporto della famiglia non l’aveva accompagnata in una crescita
graduale; così alla grande solarità accompagnava un disincanto che le dava una
sfumatura di tristezza e le faceva corrugare la fronte.
PIERANTONIO
Il Dottor “Tuttamore” lo chiamano così, si guarda allo specchio ed è soddisfatto.
Alto uno e ottanta, fisico asciutto, capelli castani chiari tagliati all’ultima moda.
Sì! Si piace proprio!
I grandi occhi color nocciola incantano le femmine nel giusto modo, la bocca carnosa
un po’ imbronciata le conquista del tutto.
Si veste casual ma con accuratezza.
I suoi trentadue anni sono proprio ben
spesi.
Pensare che era stato un bambino difficile, nato ad Avellino da una famiglia benestante, che si era trasferita, negli Stati Uniti nei dintorni di Los Angeles, quando Pierantonio aveva solo tre anni .
Era rientrato in Italia, esattamente a Firenze, a diciassette anni, appena in tempo per studiare e laurearsi in Medicina.
Non si sentiva né americano né italiano. La sua identità non definita gli creava disagio, parlava bene la lingua italiana ma con forte accento americano; questo lo rendeva affascinante agli occhi femminili, ma creava in lui un forte senso di non appartenenza.
Sfuggiva ai rapporti seri con l’altro sesso e si limitava alla soddisfazione della conquista.
Essere medico ospedaliero con specializzazione in ginecologia lo gratificava abbastanza. La scoperta continua del femminile gli creava soddisfazione e irrequietezza allo stesso tempo.
Nell’universo tenebroso ma accogliente della natura della donna aveva incentrato tutte le sue paure ed aspettative.
LE MADONNE NON SONO BIONDE
La biblioteca scura e polverosa di Ponte a Niccheri, libri vecchi, vecchissimi, uno accanto all’altro.
L’odore di polvere è la prima sensazione, la seconda è l’oscurità eccessiva.
Non si vede l’ombra di un libro! Anzi, solo ombre! Di ogni tipo, lunghe, corte, grassocce e deformi. C’è un silenzio indefinito, scandito solo da un fruscio di mani che le toccano, le sfogliano, una cantilena quasi assordante.
Ogni libro ha un suono che ogni mano che lo sfiora trasforma.
Entrare in una biblioteca è come vivere dentro una bolla di sapone con in sottofondo una melodia lieve.
Pierantonio non ama questa atmosfera ovattata, non la trova piacevole.
– Ehii, Dottor Antonio, che ci fai qui?- gorgheggia una voce femminile.
Lui sgrana i grandi occhi color nocciola. Si sveglia dal torpore del suo stato d’animo polveroso ed ombroso e sorride alla ragazza che lo ha chiamato.
Il sorriso però gli rimane rapito sul volto, l’amica della ragazza seduta accanto a lei è splendida!
È bellissima, pensa. I suoi capelli biondi risplendono nella luminosità della sala.
I coloratissimi libri ben disposti sugli scaffali attorno le fanno da cornice.
Sembra una Madonna! Anzi, no! Le Madonne non sono bionde, sembraaa…una cortigiana del Re Sole!
– Stavo cercando un libro.- balbetta ancora rapito.
– Vuoi che ti aiuti?- chiede la voce gorgheggiante.
– Beh, sai… qualcosa di particolare, che mi possa aiutare a capire il mondo, il mio posto nel mondo…perché sono qui ora…perché appena due ore fa ho aiutato una vita a nascere, e quella vita avrà uno scopo più alto della mia, sicuramente perché non siamo niente nei confronti dell’Universo…e…- parla e guarda la splendida bionda.
Ogni fruscio diventa volo d’angelo.
Quella cantilena che prima gli sembrava così assordante diventa musica soave.
Quel sottofondo ovattato si trasforma in melodia.
Lei, Sara, è affascinata da quello splendido uomo.
– Che animo gentile- pensa- che uomo
sensibile e che profondità di pensiero!
UN VOLO SULLE LABBRA
Si era trovata lì dentro senza rendersene conto.
Quando aprì gli occhi vide che tutto intorno a lei era
verde, luci, oggetti, figure e si domandò
dove fosse capitata. Pensò di essere caduta dentro ad una storia.
Le orecchie le fischiavano in un silenzio che sembrava sovrano se non fosse
stato per quei suoni, che si succedevano
a cadenza regolare.
La bocca era impastata e non riusciva ad emettere nemmeno il fiato.
I pensieri ondeggiavano in un flusso lattiginoso proiettando immagini in forma stenografica.
Correva dietro a loro inseguendoli, ma non riusciva ad acchiapparne nemmeno uno.
L’odore che le penetrava dentro era di Chupa Chups e per
un attimo pensò di averne uno che si
scioglieva in bocca, mentre le pareti ondeggiavano, cedevano su se stesse
convergendo in alto fra loro in una cupola di smeraldo.
Finalmente mise a fuoco figure nebulose che si muovevano intorno a lei a passi
felpati. Non riconosceva nessuno. Un ciuffo di capelli castani e due grandi
occhi nocciola. Un paio di spalle
muscolose. Il berretto di una divisa. Una ciocca di capelli bianchi. Cuffie
verdi e mascherine.
– Allora, com’è andata?
– La lasci stare, non è ancora in grado
di rispondere.
Ogni tanto, poi, spuntavano dal nulla due mani: la sfioravano, la maneggiavano mentre una
fitta penetrante le partiva dalla gola e le arrivava in mezzo alle gambe.
Perché quel dolore?
Provò a fermare lo sguardo sulle luci che si accendevano e spegnevano accanto, a ritmo regolare, emettendo un sibilo
prolungato. Le vedeva riflesse nella finestra davanti a lei. Era uno strano
semaforo a due colori che strideva tra una pausa e l’altra.
– Allora ci può dire com’è andata?- insisteva quello con il berretto nero.
E all’improvviso, sul vetro di fronte, il
rosso della luce divenne il rivolo di sangue che le scendeva caldo fra le gambe
mentre la sirena dell’autoambulanza le entrava nella testa, e il verde della
collina ricoperta di lecci e cipressi divenne il luogo dove era volata, in
alto, sempre più in alto, sbalzata dalla forcella della moto su cui era piombata
a gambe larghe. E ancora una volta perse conoscenza.
MISTERI IN GINECOLOGIA
Alessio ormai era un giovane uomo: larghe spalle, pochi
timori.
Dava importanza alle cose essenziali. Forse era per il nome che gli avevano
dato che amava proteggere, e ci riusciva infondendo negli altri un senso di
fiducia.
Era freddo e calcolatore? Forse, ma l’immensa generosità nei confronti degli
altri esplodeva sempre in modo totale, facendo intuire la sua tenerezza.
Alessio e Sara si era incontrati in mezzo a un’assordante musica in discoteca ed
in un primo tempo non si erano riconosciuti; poi casualmente avevano frequentato lo stesso seminario
all’università e capitati vicini si erano scambiati sguardi , sorrisi ed infine
parole, scoprendo l’adolescente conoscenza.
Sara aveva notato che i suoi colori di ragazzo raccontavano qualcosa del bambino
biondissimo che era stato e dei capelli gialli che a lui in realtà non piacevano, forse per questo suo rifiuto piano
piano si erano fatti castani, poi era comparsa la barba rossiccia con riflessi
dorati come a ricordargli che non si può completamente dimenticare chi siamo e
da dove veniamo.
Il naso era il suo cruccio, leggermente
storto, con il setto deviato a causa di un incidente sul motorino dei suoi
quindici anni, mentre la cicatrice all’estremità del sopracciglio sinistro era
rimasta a memoria del piercing tanto
voluto e contestato in famiglia.
Alessio pensò che Sara aveva invece
conservato i suoi colori , ma si era fatta donna e il corpo di adolescente
aveva dato vita a nuove morbide armonie.
Quando si incontravano nell’ateneo non
mancavano di intrattenersi da buoni amici.
L’amore era chiuso in lui
come in uno scrigno ma la giovane
intuiva che trovata la chiave, avrebbe potuto con stupore liberarlo sperando
di lasciarsi avvolgere.
Lui però sembrava non volersi lasciar
andare a troppo sentimento, mentre le sue mani calde e coinvolgenti parlavano
un altro linguaggio e la ragazza lo aveva percepito.
L’incidente dell’amica con la sua conseguente degenza in ospedale
aveva reso giornalieri i loro
appuntamenti.
Alessio si recava in ginecologia, senza
fare domande per non turbare Sara , anche se non capiva cosa le avesse
provocato l’incidente da giustificare la sua permanenza in quel
reparto.
L’aveva vista soffrire, poi riprendersi e così avevano potuto godere delle rilassanti
passeggiate nel parco dell’ospedale. Immersi nella natura, tra gli scalpiccii dei loro passi e i fruscii delle fronde sopra le loro teste
erano aleggiate confidenze profonde.
Sentiva crescere nei suoi confronti un sentimento che aveva pensato scaturire
come sempre dal suo istinto protettivo; si sentiva confuso, forse si stava
innamorando o forse la situazione di sofferenza fisica, l’ospedale con le
lettighe cigolanti, i passi ovattati delle infermiere, i gemiti , i
sospiri delle donne, i loro racconti
sommessi lo avevano reso vulnerabile.
In camera della ragazza aveva spesso incrociato un ginecologo, Pierantonio,
questo il nome che aveva sfoderato insieme al suo sorriso, con il quale si era
intrattenuto a parlare gradevolmente. Non che lo temesse come rivale perché, nonostante
si pavoneggiasse, mostrava un leggero inizio di stempiatura ed un addome non
propriamente ad effetto tartaruga come
il suo; insomma era più giovane e si considerava più adatto all’attraente
convalescente.
Certo il fascino del dottore non era da sottovalutare.
CURARE O CURARSI
Pierantonio si incammina veloce nel corridoio del reparto, naturalmente guardando il suo riflesso nello specchio di ogni vetro e non dimenticando le sue ormai mitiche occhiate mielose alle giovani infermiere che apprezzano con orgoglio.
Il pomeriggio ama trattenersi in reparto e dedicarsi allo studio dei casi più impegnativi. Si concentra meglio perché i suoni sono meno caotici del mattino.
Il chiacchierio delle infermiere è relegato nelle loro stanze dove c’è la macchinetta del caffè. Il carrello dei medicinali arriva sempre quando c’è il riposo pomeridiano e sembra voler farsi sentire appena; quello del tè comporta voci e suoni in più ma sempre lievi, come se il pomeriggio volesse compensare e assolvere il mattino.
Per questo Pierantonio in quel momento ama ancora di più il suo lavoro.
Sa che per curare occorre prima conoscere la paziente, comprenderne i disagi,
le preoccupazioni, curarne la mente oltre che il corpo. Per fare questo occorre
tempo e il pomeriggio questo tempo lo
trova.
Si reca spesso a visitare Sara, la biondina prosperosa della camera 22, che aveva già conosciuto precedentemente in biblioteca, sia perché sa che la sua presenza la rassicura, ma anche perché spesso trova in visita Alessio, un tranquillo ragazzone con cui si trova stranamente a suo agio.
Non ha legato molto con i suoi coetanei maschi, i suoi amici d’infanzia e adolescenza li ha lasciati tutti al di là dell’oceano.
A diciassette anni in un Paese nuovo anche se natio, è più facile conoscere compagni di divertimenti che veri amici. Si era sempre sentito come in bilico sul filo spinato, senza capire all’inizio l’ironia dei fiorentini e con la difficoltà a sentirsi accolto; difficoltà che naturalmente non aveva con l’universo femminile. Era ben accettato, anche troppo. Per questo si era dedicato totalmente alle donne, anche in campo professionale.
Con Alessio aveva la sensazione di essere ben accolto. Questo lo turbava, perché era
abituato a essere rivale degli uomini
e a stare
sempre in guardia.
Desiderava abbracciarlo, ma non lo
faceva per paura di essere frainteso.
Erano sentimenti nuovi a cui non era abituato e che lo distoglievano, almeno momentaneamente, dal suo femminile chiodo fisso.
Sapeva che era un innocuo bisogno di amicizia, nulla di più.
Certo! Cosa poteva essere se non quello? Lui, Pierantonio, le tombeur de femmes di Ponte a Niccheri!
Solo un bisogno di amicizia. Niente di più.
Ma intanto la notte si girava e rigirava nel letto.
VOLERE E NON VOLERE
Sara è in piedi davanti alla grande finestra della sua stanza d’ospedale. Guarda il paesaggio: il boschetto di lecci sulla collina di fronte, inframmezzato da cipressi, tra i quali fanno capolino ora un capriolo, ora un cinghiale. Ascolta il richiamo di una faraona nascosta chissà dove e quello di un fagiano che mostra il suo splendore lungo il prato di confine.
Dopo tanto
tempo sente risorgere la vita che dà
segnali della sua presenza: il corpo le risponde quando si stiracchia al
mattino, quando cammina, quando si piega a raccogliere un libro caduto a terra,
quando abbraccia gli amici che la vengono a trovare. Le è tornata la voglia di
esserci, senza sentirsi preda di
interventi e riabilitazioni che si erano impossessati di lei.
Alessio, che la viene a trovare
regolarmente, e Pierantonio, con la sua presenza continua in reparto, la stanno
aiutando a tornare quella di prima. Con loro riesce a scherzare su quel che le è capitato e
sulla nuova” origine del mondo” che si ritrova fra le gambe. Stando
con loro fa di nuovo capolino in lei quel ruzzo rimasto sepolto troppo a lungo
sotto flebo, pasticche e dolori vari.
Le hanno detto che la dimettono, non sta più nella pelle e fantastica sul suo ritorno. Non sente nostalgia per il personale del reparto, per le compagne di degenza che si sono alternate nella stanza.
A casa sua c’è
chi è andato ad aprire le finestre, a dare
una spazzata, a rifornire il frigo. Chiude gli occhi e vede i suoi amici
indaffarati dietro al ronzio dell’aspirapolvere, allo sciabordio della
lavatrice, allo sbattere delle persiane finalmente inondate dalla luce del
sole. Ha voglia di un Martini corroborato da un rinforzino di Gin e di starsene
seduta sul divano del suo soggiorno ad ascoltare musica.
Sogna di immergersi in tutti i rumori della casa, dalle fusa del frigorifero,
al ticchettio dell’orologio in cucina, dal tarlo che cigola dentro al quinto
scalino delle scale, al vento che si intrufola nella canna del camino
frusciando arie di volta in volta diverse.
IL DUBBIO
La parte razionale
aveva sempre impedito ad Alessio di
farsi coinvolgere troppo o troppo a lungo nelle storie amorose.
Preferiva lasciare spazio ai progetti sulla vita futura e al desiderio di non
chiudersi nel mondo ristretto che temeva potesse imprigionarlo.
Nel frattempo aveva ricevuto un invito
ad uscire dal giovane ginecologo; la proposta lo aveva sorpreso e allo
stesso tempo incuriosito.
Il giorno seguente anche Sara lo aveva invitato a casa sua per festeggiare il ritorno dall’ospedale; fatalità stesso giorno e
stessa ora.
Che fare?
Seguire la sua curiosità o dare la precedenza a Sara?
INSOLITA MUSICA
E voilà! Il camice mi dona , è vero! Ma questo spezzato antracite e giallo, con accessori azzurri non mi sta per niente male.
Un po’ azzardati i colori, è vero, ma in fondo io sono così “azzardato”, “fuori dal comune” ma di “buon gusto”!
Ancora un’occhiata di controllo all’ultimissimo specchio disponibile e poi via…a casa di Sara!
L’invito che aveva ricevuto ad andare a prendere un aperitivo da lei lo aveva colto di sorpresa. Non che non se l’aspettasse viste le occhiate molto allusive che lei gli distribuiva.
Ma proprio quel giorno non ci voleva, aveva infatti trovato il coraggio, dopo averci pensato per giorni, di invitare Alessio ad un’uscita tra uomini. Sarebbero andati un po’ in giro, magari in qualche localino, forse sarebbe nata tra loro una bella storia di amicizia.
Pierantonio ci aveva pensato un po’, ci teneva proprio a vedere Alessio, ma poi…quel seno rigoglioso…quelle gambe…
– Mi spiace Alessio, un impegno improvviso, faremo per un’altra volta!
Ed ora da Sara!
Il trillo del campanello quasi stona nella tranquilla calma delle case vicine. Nella strada solo il rumore di una bici.
Dalla casa di Sara un sottofondo musicale, la voce di Renato Zero.
“Il triangolo no, non l’avevo considerato..!”
La porta si apre, Sara è bellissima. Sexy da far paura.
“lui chi è..lui chi èèè..”
Ma…c’è anche Alessio! Che ci fa qui?
“ io volevo incontrarti da sola…mentre lui…lui chi èèè?”
Sono un po’ imbarazzato, ed ora? Alessio pure è imbarazzato. Sara assolutamente no!
“mi aspettavo lo sai…un rapporto un po’ più normale…”
Sempre un po’ imbarazzato mi metto comodo, anche Alessio si rilassa. Sara si trova perfettamente a suo agio.
“ ti offrirò una serata strana…il pretesto lo sai: quattro dischi, un po’ di whisky”
Il whisky, i dischi, Alessio, Sara, c’è proprio tutto.
Sì, sarà proprio una serata strana!

