Per la serie: Alchimia di storie a più mani

INCONTRI SONORI – di Simone Bellini, Laura Casati, Laura Galgani

I rumori, maledetti rumori, sono la sua ossessione da quando, dopo la laurea in fisica, lavora con impegno e caparbietà nel laboratorio del Gran Sasso. Irene, bella ragazza della provincia abruzzese, vorrebbe occuparsi del clima e dei suoi sviluppi futuri, mossa dall’ansia di arrestare l’inquinamento e il surriscaldamento del pianeta. Il lavoro che svolge presso il laboratorio scientifico è ripetitivo e frustante: consiste nel raccogliere dati dalle più svariate strumentazioni, che glieli inviano da tutto il mondo. Purtroppo Irene ha anche una limitatissima vita sociale, è molto riservata e sobria, sia nel vestire che nel proporsi. Esce difficilmente, la sera rimane a casa a leggere o ad ascoltare musica. Tutta la sua riservatezza e sobrietà nascondono forse un disagio che ancora non ha elaborato? Chissà? Il tic nervoso che l’angustia forse esprime qualcosa in più sul suo conto? Ultimamente questo inconveniente è divenuto insopportabile, anche i rumori che provengono dai macchinari del laboratorio la perseguitano. Il ronzio continuo delle trasmittenti ha preso il sopravvento su di lei, tanto che i ticchettii l’accompagnano anche quando è a casa. Irene sente di essere vicina al limite, se non reagisce le sue ossessioni prenderanno il sopravvento, le impediranno di avere una vita normale, e all’improvviso ha paura, sa di rischiare un crollo psicologico irrimediabile. Così una sera smette di piangersi addosso, apre il computer e cerca uno specialista ben accreditato. Lo trova, è a Milano. Ormai ha deciso, la sua vita corre sul filo del rasoio: la mattina dopo prende due mesi di aspettativa dal lavoro e si stabilisce a Milano. Una volta arrivata, presa dal furore che le ha fatto lasciare il Gran Sasso, si organizza le giornate fra passeggiate, musei, mostre e concerti, lasciando spazio solo a sedute di terapia. Partecipa anche al concerto di Tiziano Ferro, che viene aperto dal gruppo “Aforismi ” con un cantante – si dice –  incredibilmente bravo e di grande carisma: Joshua. Anche per lui è la prima volta a Milano …

Un concerto a Milano! Un sogno che incredibilmente si sta avverando! “Aforismi”, il gruppo di Joshua, avrebbe aperto il concerto di Tiziano Ferro. Adrenalina a mille! I battiti del cuore rimbombano nelle orecchie man mano che, con passi decisi, i musicisti si affrettano nel corridoio che conduce al palco. Il boato di uno stadio gremito all’inverosimile li accoglie alla loro entrata. Dio che emozione! Le note partono potenti, ipnotizzando il pubblico che, impazzito, scandisce il tempo con le mani dalla prima all’ultima canzone.

Quando i componenti della band tornano nei camerini sono ancora increduli del successo ottenuto.

Joshua deve fumare per scaricare tutta l’adrenalina accumulata. Esce dal camerino, mentre il concerto di Tiziano Ferro prosegue sul palco, aspira profondamente, ad occhi chiusi, due boccate di fumo per rilassarsi.

– Mio Dio siete stati incredibili! – dice una voce femminile, facendogli riaprire gli occhi – grandiosi, meravigliosi! Tu poi, eccezionale, intenso, trascinante! –

Joshua, travolto da questo impeto, si bea di tutti questi aggettivi, rimanendo stupito e senza parole. Dopo un attimo di imbarazzato silenzio, lei prosegue: – Oh, scusa la mia irruenza! –  E, porgendogli la mano – Ciao, sono Irene!

– Ciao, Joshua –

Al contatto della sua mano, lei ha un fremito che le percorre tutto il corpo, finendo con un sensuale morso sul labbro e gli occhi semichiusi.

– Cavolo! – pensa lui – ho fatto proprio colpo! Questa incredibile giornata potrebbe finire nel migliore dei modi! –

– Oh noo! Questo maledetto tic si manifesta sempre nel momento meno opportuno! – pensa lei – basta, da domani risolverò la cosa col dottor Gregorio! –

– Beh, il minimo che possa fare per sdebitarmi di tutti i tuoi complimenti, è di invitarti a bere qualcosa insieme! –

– Con molto piacere! – annuisce lei, mentre il tic la fa di nuovo fremere tutta.

All’indomani, Irene si sta avvicinando a via Leonardo da Vinci 88, dove Gregorio, il suo terapeuta, riceve i pazienti, quando i rumori che l’avevano ossessionata al laboratorio deflagrano di nuovo nella sua testa, coprendo i ricordi della bella serata passata con Joshua … Oggi avverte i suoni in modo più violento del solito, le auto che corrono veloci sull’asfalto sono stilettate nella testa, lo sferragliare del tram e il suo tintinnio divengono una minaccia. Finalmente è arrivata, suona il campanello ma la pesantezza del portone sembra respingerla, conquista a fatica una piccola apertura ed entra, il tonfo del portone è l’ultima ferita sonora che deve subire. La quiete della corte interna le dona un po’ di sollievo: tutto è ovattato, il pavimento lastricato, in pietra lavorata da appuntiti scalpelli, sembra assorbire i rumori e renderli vani. Un glicine centenario si arrampica su per il muro del cortile, e si stende con i suoi rami generosi, quasi ad accarezzare i balconi adiacenti.

Le scale si offrono appena passato il cortile, a destra. Da un androne, illuminato da un grande lucernario posto sul tetto e da belle vetrate al secondo piano, si dipana una scalinata in pietra serena, larga, dai gradini bassi e non troppo ripidi, che si salgono con facilità, formando come una larga chiocciola. La ringhiera è in ferro battuto, e fiori e ghirigori si rincorrono fin su, al settimo piano.

Su ogni pianerottolo si aprono quattro porte, di legno color miele, una per appartamento. I campanelli sono di ottone, lucidi, e su ognuno è intagliato con eleganza un cognome.

Al terzo piano c’è l’appartamento dello psicoterapeuta. Una targhetta sulla porta, sempre in ottone, lo annuncia chiaramente: “EasyMind”, studio psicoterapico.

L’ascensore, incastrato nella tromba delle scale, la invita ad entrare in un’elegante gabbia di ferro battuto. Il rumore fluido della cabina che sale l’accompagna al terzo piano. Mentre Irene si concentra sull’apertura delle porte, si apre anche la porta dello studio, ed appare Gregorio.  Ha quarant’anni, ed è un bell’uomo. Di quelli che hanno fascino, e lo sanno. Naturalmente è alto, magro, ben fatto, ha la pelle chiara, gli occhi azzurri, i capelli castani già un po’ brizzolati. Li porta lunghi, a sfiorargli le spalle, perché sono morbidi, formano dei boccoli sbarazzini. Eppure è uno psicoterapeuta abbastanza conosciuto, e lei lo sa. Irene, alla vista di Gregorio, rimane colpita dalla sua rassicurante imponenza, che trapela dal suo atteggiamento più che dalle sue parole; lui le porge la mano e la invita ad entrare. Di nuovo al contatto fisico il tic si ripresenta con tutta la sua sensuale veemenza. Gregorio, benché abituato alle reazioni più strane, interpreta il comportamento di Irene come un compiacimento verso la sua persona. Irene entra e Gregorio affabilmente le mostra la stanza dove si svolgono i colloqui. Lei nota che il pavimento è di legno, un parquet di rovere chiaro, color miele, lucido, come andava di moda negli anni ’70, con tasselli piccoli montati a spina di pesce. Le porte sono di legno massello, bianche, le pareti sono colorate: color albicocca per quella dei colloqui, azzurro chiaro nella stanza al cui ingresso c’è scritto “Sand Therapy”. “Qui accanto c’è la stanza della sabbia” dice Gregorio. Un’espressione di stupore si dipinge sul volto di Irene.  “E’ per creare le storie, puoi inventare quello che vuoi! È il tuo spazio di libertà, fra questi ci sono i personaggi della tua vita, li puoi mettere in scena.” “Posso mettere in scena anche i miei tic?” “Certo, demoliscili!”

La terapia continua per circa due mesi. Irene trova le sedute interessanti, le piace smontare e rimontare la sua vita affondando le mani nel contenitore con la sabbia dal fondo blu, nel quale ogni volta crea situazioni diverse con i personaggi e gli elementi che prende istintivamente, senza pensarci troppo, dagli scaffali sui quali sono allineati in perfetto ordine piccoli animali, edifici, persone, mezzi di trasporto, piante, oggetti, cibi…un campionario di tutto ciò che esiste! Oltre a questo però, Irene si trova a suo agio anche per la capacità empatica di Gregorio: sembra infatti che lui non desideri altro che ascoltare chi ha davanti. Il suo sguardo profondo non si distrae mai, non cerca vie di fuga perché si annoia. Anzi, fa un sacco di domande. E lei si lascia andare e parla, parla come non aveva mai fatto con nessuno. Da parte sua, ad ogni seduta Gregorio è sempre più affascinato dalle potenzialità di Irene; via via che i tic si diradano, lui è sempre più intrigato dalla sua personalità poliedrica. Quasi quasi, pur sapendo di andare contro la deontologia professionale, è tentato di invitarla a bere qualcosa dopo la seduta. Tutte le volte rimanda, sperando che sia lei a dargli modo di varcare il confine, e invece niente, l’occasione non si presenta.

Consumato da questo conflitto interno, un pomeriggio, una volta uscita Irene, Gregorio affida le sue pene ad una sigaretta fumata sul balcone.

Si affaccia, lo sguardo assente si focalizza su una giovane coppia abbracciata proprio davanti al pesante portone d’ingresso. I due si stanno baciando appassionatamente, e Gregorio non riesce a distogliere lo sguardo; il suo cuore ha un sussulto quando riconosce Irene abbracciata ad un bel ragazzo biondo con la chitarra a tracolla. I due si avviano ora verso un furgone, sul quale è riportata la scritta “AFORISMI”. Gregorio spegne con rabbia la cicca sul pavimento del balcone, pestandola forte con la punta del piede.

Stavolta Narciso ha ricevuto davvero una “sonora” sconfitta!

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

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