“LE RAGAZZE DI FIRENZE” – Di Elisabetta Brunelleschi, Sandra Conticini, Anna Meli, M.Laura Tripodi

Da qualche anno l’alluvione aveva lasciato ferite aperte su Firenze che vedeva monumenti, capolavori e libri danneggiati, insieme a negozi mai più riaperti.
Sul ponte alla Carraia alle otto, quel mattino, Fiorenza camminava veloce perché voleva fermarsi al bar per la colazione. Spesso lì incontrava i compagni di scuola e Mario, il barista, che con la sua velocità nel servire, sbalordiva le ragazze facendo il giocoliere con piattini, tazzine, bicchieri e, spesso nel frastuono, oltre al tintinnare delle stoviglie si sentiva anche il rumore dei cocci. In questo ambiente così movimentato gli occhi spenti di Fiorenza si ravvivavano specialmente quando la musica del Juke Box, con le canzoni dei Beatles e dei Rolling Stones, le metteva addosso il ritmo e la voglia di ballare.
Deve andare a scuola, ma tutte le mattine è un grosso sacrificio entrare in quell’edificio così buio e triste, con professori ormai antiquati, materie che non le piacciono, ma deve raggiungere il suo scopo a denti stretti, arrivando ad ottenere quel pezzo di carta per poter accedere ad un posto sicuro.
Aspetta a gloria la domenica pomeriggio per andare in quella sala da ballo sull’Arno dove la musica e il ballo la inebriano dandole una vitalità infinita, facendola diventare leggera e armoniosa. Qui ha conosciuto anche diverse persone, ma con due ragazze Laura e Ginevra, un po’ più grandi di lei, si trova molto bene e, anche se sono tutte e tre diverse, stanno volentieri insieme.
Laura è una bella ragazza di 21 anni alta, pelle olivastra, bruna con i capelli morbidamente ricci e occhi verdi, un po’ cicciottella, ma pazienza, d’altronde è una bongustaia!!!
Veste quasi sempre sportiva, ha molti amici ed un ragazzo con il quale va in moto, ma la domenica in estate la lascia andare a ballare, tanto sul loro amore non ci sono nuvole!
Studia giurisprudenza, le piace molto, dà più esami possibili per laurearsi e poter vedere avverati i suoi sogni. Quando ha un po’ di tempo libero le piace camminare nei boschi per riposare la mente infastidita dai rumori della città e scrive qualche poesia. La discoteca però le mette addosso il brio e l’adrenalina, che le servono per riuscire a studiare meglio e più in fretta.
Fiorenza e Laura hanno conosciuto Ginevra per caso, fuori dal rumore assordante della sala da ballo, le hanno chiesto l’ora e poi si sono messe a parlare forse di cose futili, ma è così che è sbocciata la loro amicizia, che ormai dura da un po’ più di due anni.
Ginevra è una ragazza alta e sbarazzina, con i capelli lunghi e ricciolosi, ogni tanto azzarda a lisciarseli, ma sono troppo ribelli, quindi spesso rinuncia. Ha due occhi marroni scuri quasi neri e pungenti come due capocchie di spillo, una bocca a cuore che sembra dipinta da un pittore, specialmente quando si mette un po’ di rossetto. Le mani sono lunghe, magre, sempre ben curate con smalto molto fantasioso. Veste sportiva, ma non esce senza orecchini, spesso vistosi e colorati e ama portare braccialetti, orologi, anelli, quasi mai collane.
Ha conseguito il diploma al liceo classico con un buon risultato e ha iniziato l’Università ma, la sua voglia di indipendenza e il suo senso di responsabilità, l’hanno fatta smettere e andare a fare la cameriera in un albergo a 5 stelle in Austria. Qui i ritmi erano serrati e stressanti, le mancavano la famiglia e gli amici, quindi ha deciso di tornare nella sua amata Firenze dove lavora in ristorante molto conosciuto. Il suo sogno nel cassetto sarebbe quello di diventare un’attrice famosa, ma è consapevole che non sia facile.
Spesso la domenica sera, dopo aver ballato, le tre amiche mangiano insieme e vanno a casa di Ginevra che abita lì vicino, nella casa della nonna costruita negli anni 30. La strada dove si trova è molto silenziosa, ogni tanto passano qualche macchina e pochi motorini. Solo nel giugno del ’69 in occasione della vittoria dello scudetto della Fiorentina in questa strada, che ancora oggi sembra dimenticata da tutti, si formò un grosso ingorgo, fu invasa da FIAT 500, giardinette, multiple con lo strombazzare dei clacson, trombette, cori, persone a piedi e tutto era di un unico colore viola.
Per la sua famiglia quella casa è molto importante, perché è stata costruita dal babbo e dal fratello della nonna… pietra su pietra.
Nonostante la casa sia ormai vecchia, lei riesce a sentire l’odore del sacrificio, perché in quegli anni costruire una casa di tre piani era un lavoro molto duro, e anche l’odore della paura di aver vissuto gli anni della guerra fa venire ancora la pelle d’oca. Praticamente la famiglia della nonna viveva nel sottosuolo con le finestre tappate dai sacchi di sabbia e ogni volta che veniva sganciata qualche bomba dagli aerei, sembrava che la casa fosse stata abbattuta e invece anche quella volta, per fortuna, erano tutti sopravvissuti. C’è anche l’odore del fango, della nafta e il dispiacere di aver perso tutto quando a Firenze venne l’alluvione, ma per fortuna c’è anche l’odore della gioventù, della spensieratezza e dell’amore e anche l’odore e le grida dei bambini. Perché è li che la nonna e sua sorella abitarono dopo il matrimonio.
Per Laura e Fiorenza, che abitano in case moderne, quella casa ha un fascino perciò quando sanno che Ginevra è libera dal lavoro, vanno a trovarla e, insieme a un po’ di musica, organizzano qualche escursione, da fare insieme.
Laura spesso propone di andare nella vecchia casa colonica di famiglia verso San Miniato al Tedesco. Quando da piccola arrivava a quella casa, a metà della salita, le sembrava la casa di Biancaneve con quelle finestrine e quelle tendine bianche di trinato e i ciclamini rosa che facevano da padroni con il loro delicato ma deciso colore e profumo. Appena arrivati i ragazzi si mettevano a correre, saltare e giocare sull’aia fatta di pietre sconnesse, inframezzate da un’erba sempre verde. Sotto il caratteristico loggiato c’era il portoncino che immetteva in un corridoio sul quale si aprivano un salottino e le camere, tutto era pavimentato in cotto e arredato con mobili di massello scuri e severi. In fondo una grande cucina accogliente e luminosa, con un bel camino dal quale penzolava una catena affumicata con un nero paiolo che ricordava tutte le varie feste e ricorrenze trascorse intorno a quel tavolo vecchio e pieno di segni. C’era ancora la vecchia madia per il pane, rassicurante, gli armadini bianchi e diverse sedie impagliate. Dalla porta finestra della cucina si usciva su uno spiazzo e scendendo tre scalini sulla destra c’era la cantina, dove si poteva trovare di tutto, ma soprattutto l’occorrente per fare il vinello leggero per tutta la famiglia
Da lì si poteva ammirare un bel panorama: San Miniato Basso con le sue case piccole e ammucchiate, il verde della campagna e i terreni coltivati, i comignoli fumanti, ma si sentivano anche il canto degli uccelli, l’abbaiare di un cane in lontananza, il trattore che trainava l’aratro, qualche voce nel vento e il fruscio del salice piangente vicino al fosso.
Una mattina Laura, Fiorenza e Ginevra erano nel bar perse davanti agli equilibrismi di Mario, a un tratto, si guardarono e quasi all’unisono esclamarono: -Domenica a San Miniato!-
Dopo una risata, si accordano per gli orari e i mezzi. Sarebbero partite alle nove. Laura metteva a disposizione la propria Cinquecento. A San Miniato c’era una sagra e nel pomeriggio, nella piazza si ballava!!
Parcheggiano vicino alle antiche mura e imboccano il viale che dopo pochi metri si immette nell’ampio spazio occupato per l’occasione da bancarelle, tavoli e un palco dove già erano disposti gli strumenti del complesso che avrebbe animato le danze. Un arcobaleno di colori abbellisce le pareti degli edifici: a ognuno corrisponde un rione.
Dalle finestre dei severi palazzi seicenteschi sventolano le bandiere rosso-bianche del Leoncini di Sotto, sulle facciate delle case medioevali ci sono i lunghi striscioni verdi e gialli dei Santi di Sopra; mentre i lunghi caseggiati ottocenteschi mostrano i drappi turchini dei Fontanari.
Sono appena le undici del mattino e la piazza già pullula di gente pronta per i primi posti agli stand gastronomici dai quali già si diffondono aromi di ragù e arrosti.
Le ragazze si guardano attorno stupite e contente poi camminano verso la fontana, vogliono immergere le mani nell’acqua delle vasche perché, racconta Laura, bagnarsi le palme delle mani prima di mezzogiorno porta speranze d’amore.
Il gorgoglio delle acque per un attimo annulla il vocio della folla, le ragazze si avvicina no, appoggiano la palme delle mani sulla superficie del trasparente liquido e, in segreto, pensano a qualcuno. Restano immobili anche quando il vento porta sui loro volti gli spruzzi che dai delfini scendeno nelle vasche. Finalmente tolgono le mani dall’acqua.
Fiorenza intanto osserva le formelle murate tutto intorno alle vasche ci sono stemmi, fiori, teste di leoni, cavalli e poi:
-No! guardate cosa c’è scritto!- Su una formella è raffigurata una lingua stretta da una tenaglia sormontata dall’iscrizione:”no male-dicere”.
Ah, lingue pettegole! E si divertono a immaginare le donne di San Miniato intente a attingere acqua e notizie piccanti riguardanti amori, tradimenti, inganni e poi chissà quanti incontri furtivi, sguardi nascosti.
Ginevra alza lo sguardo verso la palazzina a tre piani che occupa il lato più stretto della piazza: da una delle finestre si affaccia una signora di mezza età.
Anche le amiche si voltano dalla stessa parte, Laura la riconosce immediatamente.
Quella donna è Giulietta, non il diminutivo di Giulia, lei si chiama proprio così, ed è l’ultima erede di una vecchia famiglia di San Miniato, vive sola in quella grande casa, che al suo interno nasconde arredi antichi e uno splendido giardino.
Si avvicinano parlottando e giunte al portone si trovano davanti Giulietta, è lì ferma come stesse aspettandole. Le saluta con un vivace buongiorno e le invita a visitare il giardino:
-Oggi è giorno di festa e io apro il cancello, venite!-
Pochi passi e le ragazze entrano in un’oasi di verde, dove i rumori sono cancellati e alle orecchie giungono solo fruscii di rami e lievi frulli d’ali d’uccelli che fuggono al loro avvicinarsi.
Piante dalle chiome maestose coprono le loro teste e intricate siepi d’alloro e di bosso nascondono tavolini, sedili in pietra e, in fondo, quasi addossata al muro di cinta, una vasca rotonda con un putto di terracotta.
. Giulietta spiega:
– Vedete, questo è l’unico giardino superstite dei tanti che c’erano a San Miniato.-
Le ragazze sono affascinate, si sentono catapultate in un altro mondo, in un’altra epoca!
-Voi siete la gioventù, dovete imparare a amare quello che sta intorno a voi, per proteggerlo!-
Giulietta in paese non ha molti amici, vive un po’ appartata, ma tutti sanno chi è. Ogni mattina se ne esce, sempre elegante con quel suo stile all’inglese e va verso la banca dove lavora come cassiera. Un impiego che non le piace e quel suo modo di camminare dritta, con lo sguardo fisso che, secondo alcuni, le dà un che di altezzoso, le permette, in verità, di non pensare al disagio di quei giorni uguali tra conti, bonifici, distinte, …
È felice quando può ritirarsi nelle sue stanze e immergersi nell’ascolto di Mozart. Adora il fluire leggero delle sue note che alla fine però la costringono a sentire il senso più profondo della vita.
Infatti dalle stanze della casa giunge l’eco di una musica, starna e sconosciuta alle orecchie delle tre giovani amiche.
Giulietta capisce che si sono accorte di quei suoni e domanda:
-Non conoscete Figaro…-
– Chi il gatto di Geppetto?- Le ragazze ricordano il cartone di Disney.
Giulietta sorride e le fa avvicinare alla porta-finestra del salone, un canto melodioso parla di un cappello da guardare e ammirare, fatto da una certa Susanna.
Le tre amiche ascoltano e poi quasi all’unisono esclamano:
-Ma che cos’è?-
-Un’opera di Mozart, racconta di un matrimonio, ma voi, lo so, apprezzate altra musica, siete venute per ballare.-
Era proprio così, in piazza, sul far del tramonto iniziava il concerto e le ragazze si sarebbero scatenate .
Giulietta si fa prendere dai ricordi. Amava andare a ballare, ma ora, con il passare degli anni, si era appesantita, si sentiva un cassettone e in mezzo alla piazza non ci si vedeva… ma era proprio vero?Qualcosa si stava risvegliando in lei.
Un attimo di silenzio, il fragore degli strumenti invade il giardino e supera la melodia del duetto mozartiano. Le ragazze, calamitate dai suoni, salutano gioiosamente Giulietta e si avviano verso la piazza.
Qui tanti ragazzi già si stanno muovendo a ritmo della musica.
Nessuno si è accorto che il cielo sta diventando scuro… improvvisamente larghe e pesanti gocce cadono qua e là bagnando persone e cose: odore di polvere… fuggi fuggi generale…
Fiorenza, Laura e Ginevra si scambiano uno sguardo complice e corrono verso la casa di Giulietta. Il portone è accostato. Entrano rumorosamente. Fatti pochi passi si arrestano, qualcosa di strano sta accadendo.
Nella casa non riecheggiano le armonie di Mozart, ma il ritmo scatenato dei Pink Floyd e Giulietta a piedi nudi si dimena come una teen-ager nella sala da ballo.
Anna
Elisabetta
Maria Laura
Sandra