
di Andrea Bettarini
Dopo un fine settimana trascorso tra poltrona divano e letto, per i postumi di uno scambio di opinioni con il mio dentista, e vince sempre lui, son tornato a camminare ancora un po’ dolorante. Scopri che facendo pochi passi ti trovi in un mondo altro, un mondo con tanto passato che conserva nonostante tutto. Neanche un chilometro e le strade prendono tutto un altro aspetto; colore più morbido, erba ai margini, odori che cambiano al cambiare del tempo e della stagione. E poi silenzio. Su un pianoro si allarga il Boschetto di’ Cerreto, l’abbiamo attraversato, tra alti quercioli e un tappeto morbido di foglie. Ciuffi di pungitopi, con ancora qualche residua bacca rossa, mi ha riportato alla mente quando il babbo ne portava un mazzo nel periodo delle feste di Natale. Ai bordi del viottolo rami di alberi pian piano si disfanno a nutrire il suolo. Quand’ero ragazzo mi ricordo che la Ginetta di’ Guardia tornava sempre, estate e inverno, dalle sue giratine con una fascina di rami secchi, durante la brutta stagione riscaldava, bruciandoli nel camino, quelle due povere stanze che la fattoria le aveva concesso. All’incrocio di alcuni viottoli ci siamo fermati in uno slargo tra la macchia; il ritmico instancabile martellare del picchio verde rompeva il silenzio. Di nuovo strada bianca fino alla Casina dell’Acqua. Un monolite in mezzo a campi di olivi. Un’opera, mi dicono, voluta dall’ultimo Medici, quel Gian Gastone che pensò di portare l’acqua da Fonte Santa fino alla villa di Lappeggi. Questo enorme parallelepipedo con grandi vasche di decantazione le cui mura perimetrali sono rinforzate da tiranti di ferro probabilmente per metterlo in sicurezza dopo il terremoto del 18 maggio 1895 che colpì, devastando la zona delle colline sopra Antella e Grassina. Rientro a casa per un tè fumante.