Una pagina privata: dedicata a Leone (e non solo)

A Leone – di Cecilia Trinci

Lo so, non potete vedere la Luna come la vedo io, che pure stando in basso, con le mie zampette piccole, sfiorando la terra sentendone il profumo, seguendo ogni gobba e ogni radice che affiora,  so com’è la luce che fa, riflessa nel bosco della notte. Un bosco che è un campo tra le case, lo so, non è il vero bosco dove sono cresciuto da piccolo, ma ora è questo il mio mondo di avventure.  Lo so che voi siete in casa, la notte, e vi fanno paura le ombre e i fruscii delle foglie e i silenzi improvvisi popolati di vibrazioni. Lo so, avete paura e avete paura anche per me. Anche io ho paura, lo sapete? In certi momenti in cui il pericolo ha il profumo dell’ora fatale, in cui ho davanti un nemico veloce e alla spalle la vostra cucina, la vostra luce soffusa di televisione e di pace. Lo so, ho paura, potrei pure scegliere, perché sono libero, libero sempre: davanti c’è la lotta, la rissa, il dolore, le unghiate cattive, il rotolarsi tra l’erba per un diritto di passo, per una gatta in calore, per un anfratto che ognuno di noi rivendica.  Ma non posso tornare, non posso cedere. Almeno non subito. Dopo tornerò a cercarvi, al di là di quel salto sul muro che divide l’umano dal felino, la casa dall’avventura. Dopo tornerò e già sento in bocca il sapore dei vostri bocconcini appetitosi, delle scatolette che andate a cercare per i miei gusti sofisticati. Dopo verrò a cercare le vostre copertine di pile, le vostre carezze, le vostre certezze. Mi piace sapere che ci siete, al di là di quel ramo che mi fa da scalino, al di là di quel muro che è mio. Perché è mio certamente. Come è mio questo campo di stoppie, come è mio questo torrente che cresce o che scende secondo le stagioni, come è mio questo cielo infinito sopra di me. Tutto il mondo è mio, lo so. E’ mio anche il vostro tremare per me, mi dispiace, Umana che mi ami e che io amo, perdutamente, che tu stia in ansia, ma ti giuro, non posso. Non posso dimenticare i secoli di vagabondaggi, di umori, di linfa, di tracce, di odori che sento scoppiare in questo mio piccolo naso da pelouche di seta, non posso, mia adorata Umana. Se mi ami capiscimi, ti prego e non abbandonarmi. Non dire mai “tanto è solo un gatto!”.  Non sono solo un gatto, ma il Dio della Notte e anche il Dio del tuo cuore lo so. Troppo belli i miei occhi di smeraldi selvaggi, troppo bella la seta del mio pelo, troppo bello il fascino delle mie fusa all’improvviso, sono un dono per te, Umana, lo sai, per dirti “Ti voglio bene!” e te lo voglio anche se troppo forte è il richiamo della notte. Sto facendo uno sforzo proprio perché ti amo, e di giorno rimango con te, su questa coperta sognante, ascolto i tuoi passi, ti sento presente, assaggio i tuoi pranzi…..ma dopo…dopo…..no guarda la sera si veste di luci sottili, di riflessi suadenti, senti? Ci sono anche voci lontane, laggiù, nel campo. Mi chiamano i topolini che scappano, mi chiamano i passettini dei merli, mi chiamano i fruscii delle erbe, mi chiamano, mi chiamano, lo senti Umana che flauti, che concerto di sogni, che sfumature di canti?  Ascolta! Non senti lo so, senti solo il rumore delle parole. Io però ascolto e corro, corro via. Ma sento anche le tue parole, non dubitare sì….starò attento. Ok ti sento Umana con i tuoi pensieri. Starò attento, tranquilla. Starò attento e non ti dimentico. Ti porto con me nel mio campo. Ti farò vedere la Luna attraverso i miei occhi di sogno. Aspettami!