La notte fa ancora molto freddo

“ SE NON CAPISCI, SORRIDI, MA SE CAPISCI E TI FA MALE, ABBI ALMENO IL BUONGUSTO DI NON PIANGERE” – di Rossella Gallori

…..Ecco questa, era una delle  sue frasi più frequenti…ecco, questa era mia madre, una madre che ho capito troppo tardi ed amato con difficoltà…era sempre, vaga, con gli occhi persi in un cielo di stelle gialle, sembrava volare, non essere mai del tutto  con me…ora, solo ora ho capito chi era Giulia, e se le storie iniziano dalla fine, torno a pochi mesi fa, una manifestazione alla Sinagoga, il relatore pronuncia una frase in  ebraico ed io insieme a pochi altri, rido, qualcuno accanto a me mi domanda se conosco la lingua, io nego ma so benissimo che parlano dell’ asino di Isaia….

Allora mia madre mi ha parlato in “ bagitto”  ma quando? E perché non continuare a farlo, è una lingua che non so, ma a tratti comprendo….e mi rivedo sulle scale del Tempio, io e quei bimbi un po’ parenti che mi chiamavano la Rossella goy che poi non era  una offesa, sentivo  la voce di Federico cantare per il Dio di tutti, guardavo quella lapide che mi sembrava immensa, e pur non sapendo leggere, individuavo il nome del nonno ed a voce alta dovevo dire “ MAI PIU’”. Credo che mia madre mi imponesse di gridarlo, niente segno della croce un piccolo sasso  e via…..così mi veniva detto e così facevo, per il quieto vivere, per restare nel sogno, si perché via Farini era il bakalom (sogno) , e l’ Immacolata l’ obbligo …tutto questo solo per me!

Perché la mamma, dopo la scomparsa ad Auschwitz  del padre, la separazione da altri famigliari, e la perdita del suo bimbo “ MESSO AL MURO PRIMA DI NASCERE”, ha vissuto un lungo sonno, un risveglio lento e frammentario, un calvario silenzioso e logorroico al tempo stesso ed allora venivano fuori i TANTO CI PORTAN VIA TUTTI…..IMPARA A STAR SOLA FORSE CE LA FAI…..LO HANNO PORTATO VIA PRIMA AMICI POI AGUZZINI A PREZZO PIENO…..

Il suo parlare era sempre rapido, sospettoso, a volte si guardava alle spalle….e non c’ erano mai date, un nome certo, un perché, un per chi…..era successo e basta, ed ero io il suo affannoso e confuso scrigno dei ricordi,  i miei fratelli testimoni dell’ epoca  avevano già dato.

Ma che fine aveva fatto quella quasi bimba ebrea bellissima che vedevo nelle foto del suo matrimonio..nel silenzio di Palazzo Vecchio, nei primi giorni di un funesto novembre del 1938, portatore di leggi razziali, crudeli ed ingiuste….

Un matrimonio d’ amore il suo, non di comodo , si è vero mia madre non fu deportata ma è stata “sopravvissuta “ fino alla fine dei suoi giorni….faceva finta di non ricordare, ne nomi né luoghi, chi la nascose le restò amico per sempre, ma io non ne seppi mai il nome….

Sapere, voleva dire rischiare e se quel matrimonio ci aveva obbligato ad esser cattolici, lei  ci volle  anche praticanti, mi volle praticante! ….

Poi  tirava fuori il suo umorismo yiddish  e diceva “ NEMMENO UNO, CON IL NASO GIUDEO ,NE HO FATTO DI FIGLI….GLI EBREI UNSONMICA BANANE CON IL BOLLINO”  e rideva con il pianto in cuore.A volte si parlava dei Palermo, dei Viterbo , dei Milano….”TUTTI IN FUMO,ERA IL COMMENTO,NE SONO RIMASTI UNO…DUE…FORSE.       

Quando scoprii che un parente aveva un numero sul braccio mi rispose che era il numero di telefono, che Raoul aveva perso la memoria, un giorno, in un posto…poi la vidi correre in bagno ed uscirne quasi sorridente, si giustificò dicendo “ le salsicce crude sai..” aveva vomitato l’anima.

Mia madre rispettava le regole a modo suo scegliendo le migliori ed  ignorando le altre, mi parlò anche di un giorno in cui si può, in forma ufficiale, rinunciare a chi non si ama più! O a chi ti ha fatto del male, cancellare  qualcuno con il permesso di Dio….chissà se era vero, o era un’ altra delle sue invenzioni. Come quando mi portò al catechismo con una catenina d’ argento (D’ORO NO SE NO CE LA PORTANO VIA) con la stella di David ed il crocefisso …ed io vidi sbiancare suor Mariapia che farfugliò:  signora lei bestemmia ….poi sbiancai io quando la mamma rispose : NO  BESTEMMIA LEI PERCHE’ DISCRIMINA….e  voltò il sedere a quella donna” che: PARE UN MERLO CHE CAMMINA SUL GHIACCIO CON QUELLA TONACA..

Si, di discriminazione io ne ho sempre sentito parlare, ma da entrambe  le parti: cattolicaaaa…ebreaaaa…ricordo solo le amorevoli, ma non troppo, botte sul capo, quando pendevo, a suo vedere, più da una parte che dall’altra “ SI E’ NEL GIUSTO QUANDO SI VA AVANTI SENZA MANZERUD  (cattiveria).

Mamma, mamma non mi hai fatto capire mai del tutto la tua tragedia, mi hai confusa un po’ di più e di certo non ne avevo bisogno….dicevi che era un mondo MANZER (bastardo) ho capito troppo tardi….la lingua, il dolore….che stranamente non sembrava mai odio ma fatalità…

Questa è una lunga meghillà ( storia ) difficile da raccontare…che finisce nel 2005 quando in un febbraio freddo e piovoso arrivasti tu a casa mia alle tre di una quasi alba…scalza in camicia da notte…con la borsa…la foto dei tuoi strinte al petto: BOMBARDANO !!! E tuonava, CI PORTANO VIA, SON TORNATI… e c’era solo un grosso camion sotto la sua finestra, NASCONDI LA BAMBINA….

Ed altri pezzi del tuo puzzle mi tornarono in mente…quando dormivi vestita e non era per il freddo, quando mi facevi camminare scalza per non far sentire a quelli del piano di sotto che eravamo in casa.

Ti asciugavo il capo, in quel mattino infausto, con  le mani rattrappite dal freddo, tu non piangevi sembravi sorridere, ed io sapevo già cosa fare….LA VITA È UN CERCHIO PORTAMI LÀ….VOGLIO FINIRE CON LA MIA GENTE….  E ti ho portata la, ma già non c’eri più….Casa Sadun ti ha accolta e protetta, con un rabbino o una cosa simile che il venerdì ti portava il kiddusch e sabati interminabili oziosi e magici, e  tu eri già: NEL VENTO LI RITROVO….. NON NEL FUMO… dodici mesi dopo ti ho sepolta con il tuo lenzuolo.

Ora capisco mamma, non sorrido e mi prendo il diritto di piangere.

SE NON CAPISCI SORRIDI MA SE CAPISCI E TI FA MALE…….SCAPPA…questa era un’ altra versione O FORSE LA MAMMA  PREVEDEVA IL FUTURO.

Passeggiata a S. Quirico a Ruballa

Sotto un cielo magico, con la guida di Roberta Tucci, abbiamo risalito a piedi la strada che sale verso Osteria Nuova. Camminando lentamente, il paesaggio acquista toni sconosciuti: si percepiscono odori, suoni, particolari e punti di vista a cui non siamo abituati, neppure quando conosciamo bene la zona. In compagnia poi il cammino è più leggero e piacevole. Così arriviamo tutti insieme a S. Quirico, accolti da Alberto Casini, padre del sindaco Francesco che apre le porte di un mondo pieno di arte e di antiche competenze. A fianco della chiesa il laboratorio di falegnameria che appartenne al padre.

Da https://www.echianti.it/chiesa-di-san-quirico-a-ruballa/

La chiesa risale al XIII secolo ma è probabile che una precedente struttura esistesse anche intorno al 1000. Le più antiche documentazioni risalgono al 1286 quando ne era rettore il prete Buono. In origine fu un patronato della famiglia Cappiardi, che nel 1314 donò i diritti della chiesa ai Peruzzi, il cui stemma si trova ancora sulla facciata e all’interno della chiesa.

L’aspetto attuale deriva dal radicale restauro effettuato nel 1758 dal parroco Gabbuggiani. In tale occasione furono realizzate le decorazioni a stucco, gli affreschi alle pareti e l’altare maggiore, piccolo gioiello settecentesco di marmi policromi. Nel 1763, terminati i restauri, fu consacrata e elevata a prioria. All’interno vi sono numerose opere d’arte ottimamente conservate. All’altare maggiore un crocifisso di scuola giottesca databile verso il 1330, restaurato nel 1988. Ai lati di questo due grandi affreschi sormontati dallo stemma dei Gabbuggiani, raffiguranti l’uno la guarigione del cieco nato e l’altro l’ultima cena di ignoto pittore del Settecento. All’altare di destra una Madonna col bambino e San Giovannino di Domenico Puligo (1520 ca.), mentre in quello di sinistra vi è una tela attribuita a Francesco Curradi che rappresenta Sant’Antonio Abate con San Sebastiano, San Filippo e San Zanobi. Nella sagrestia una tela raffigurante il martirio di San Quirico e Giuditta anche questa attribuita al Curradi (1570-1661) e un crocifisso ligneo proveniente dalla Villa L’Apparita di Sopra. Nella chiesa vi è anche un organo del XVIII secolo, una Madonna trecentesca, un reliquiario del XVI secolo. Il fonte battesimale è del 1958.

Qui sono stati trasferiti, dal 1977, l’archivio e gli arredi della parrocchia di San Lorenzo a Montisoni, che comprendeva opere di grande valore.

Cosa intendi fare della tua unica vita?

Un dono di Riccardo Massai: una poesia di Mary Oliver, poetessa statunitense che ha vinto il National Book Award e il Premio Pulitzer. Nata il 10 settembre 1935 e morta il 17 gennaio 2019, due giorni fa.

GIORNO D’ESTATE

Chi ha fatto il mondo?

Chi ha fatto il cigno e l’orso bruno?

Chi ha fatto la cavalletta?

Questa cavalletta, intendo, quella che è saltata fuori

dall’erba,

che sta mangiandomi lo zucchero in mano,

che muove le mandibole avanti e indietro invece che in su e in giù

e si guarda attorno con i suoi occhi enormi e complicati.

Ora solleva le zampine chiare e si pulisce il muso, con cura.

Ora apre le ali di scatto e vola via.

Non so esattamente che cosa sia una preghiera;

so prestare attenzione, so cadere nell’erba,

inginocchiarmi nell’erba,

so starmene beatamente in ozio, so andare a zonzo nei prati,

è quel che oggi ho fatto tutto il giorno.

Dimmi, che altro avrei dovuto fare?

Non è vero che tutto muore prima o poi, fin troppo presto?

Dimmi, che cosa pensi di fare

della tua unica vita, selvaggia e preziosa?

Una pagina privata: dedicata a Leone (e non solo)

A Leone – di Cecilia Trinci

Lo so, non potete vedere la Luna come la vedo io, che pure stando in basso, con le mie zampette piccole, sfiorando la terra sentendone il profumo, seguendo ogni gobba e ogni radice che affiora,  so com’è la luce che fa, riflessa nel bosco della notte. Un bosco che è un campo tra le case, lo so, non è il vero bosco dove sono cresciuto da piccolo, ma ora è questo il mio mondo di avventure.  Lo so che voi siete in casa, la notte, e vi fanno paura le ombre e i fruscii delle foglie e i silenzi improvvisi popolati di vibrazioni. Lo so, avete paura e avete paura anche per me. Anche io ho paura, lo sapete? In certi momenti in cui il pericolo ha il profumo dell’ora fatale, in cui ho davanti un nemico veloce e alla spalle la vostra cucina, la vostra luce soffusa di televisione e di pace. Lo so, ho paura, potrei pure scegliere, perché sono libero, libero sempre: davanti c’è la lotta, la rissa, il dolore, le unghiate cattive, il rotolarsi tra l’erba per un diritto di passo, per una gatta in calore, per un anfratto che ognuno di noi rivendica.  Ma non posso tornare, non posso cedere. Almeno non subito. Dopo tornerò a cercarvi, al di là di quel salto sul muro che divide l’umano dal felino, la casa dall’avventura. Dopo tornerò e già sento in bocca il sapore dei vostri bocconcini appetitosi, delle scatolette che andate a cercare per i miei gusti sofisticati. Dopo verrò a cercare le vostre copertine di pile, le vostre carezze, le vostre certezze. Mi piace sapere che ci siete, al di là di quel ramo che mi fa da scalino, al di là di quel muro che è mio. Perché è mio certamente. Come è mio questo campo di stoppie, come è mio questo torrente che cresce o che scende secondo le stagioni, come è mio questo cielo infinito sopra di me. Tutto il mondo è mio, lo so. E’ mio anche il vostro tremare per me, mi dispiace, Umana che mi ami e che io amo, perdutamente, che tu stia in ansia, ma ti giuro, non posso. Non posso dimenticare i secoli di vagabondaggi, di umori, di linfa, di tracce, di odori che sento scoppiare in questo mio piccolo naso da pelouche di seta, non posso, mia adorata Umana. Se mi ami capiscimi, ti prego e non abbandonarmi. Non dire mai “tanto è solo un gatto!”.  Non sono solo un gatto, ma il Dio della Notte e anche il Dio del tuo cuore lo so. Troppo belli i miei occhi di smeraldi selvaggi, troppo bella la seta del mio pelo, troppo bello il fascino delle mie fusa all’improvviso, sono un dono per te, Umana, lo sai, per dirti “Ti voglio bene!” e te lo voglio anche se troppo forte è il richiamo della notte. Sto facendo uno sforzo proprio perché ti amo, e di giorno rimango con te, su questa coperta sognante, ascolto i tuoi passi, ti sento presente, assaggio i tuoi pranzi…..ma dopo…dopo…..no guarda la sera si veste di luci sottili, di riflessi suadenti, senti? Ci sono anche voci lontane, laggiù, nel campo. Mi chiamano i topolini che scappano, mi chiamano i passettini dei merli, mi chiamano i fruscii delle erbe, mi chiamano, mi chiamano, lo senti Umana che flauti, che concerto di sogni, che sfumature di canti?  Ascolta! Non senti lo so, senti solo il rumore delle parole. Io però ascolto e corro, corro via. Ma sento anche le tue parole, non dubitare sì….starò attento. Ok ti sento Umana con i tuoi pensieri. Starò attento, tranquilla. Starò attento e non ti dimentico. Ti porto con me nel mio campo. Ti farò vedere la Luna attraverso i miei occhi di sogno. Aspettami!

I suoni delle parole – Sussurrare

Sussurrare di Franco Bellio

Sussurrare non equivale soltanto a parlare piano: è familiarità, intesa, complicità, condivisone dei più reconditi segreti, preghiera da far esaudire, sicurezza della reciproca comprensione, evidenziazione di quanto ci unisce, impegno a non farci dividere. Sussurrare dolci parole infine è la più dolce musica per chi parla e per chi ascolta…

Sussurrare di Laura Casati

M sussurrava all’orecchio il suo amore quando ne aveva voglia e non aveva bevuto. Io lo guardavo ed andavo in brodo di giuggiole. Però non era sempre così, c’erano giorni in cui l’alcool che aveva bevuto era veramente troppo ed allora mi gridava a squarciagola: sei stronza.

Sussurrava parole d’amore all’orecchio ma spesso gridava oscenità.

Sussurrare – di Patrizia Casati

Sussurrare, la metto vicino a sussultare come suono ma così diversa come parola. Sussultare- sussulto, una persona per un qualcosa sussulta, di colpo, all’improvviso, fa un sobbalzo; ed ecco invece sussurrare, parlare pianissimo quasi impercettibile fra due persone. Cosa si diranno?Pettegolezzi? parole dolcissime da far rimanere in eterno felici!

Sussurrare – di Patrizia Fusi

Camminare lungo la riva del mare, il sole al tramonto disegna sull’acqua una lunga striscia rossa e luminosa.

I gabbiani arrivano sulla spiaggia planando come aquiloni, a cercare residui di cibo lasciati dai vacanzieri.

L’onda dell’acqua batte dolcemente la riva con un leggero sussurrare come per accompagnare la fine del giorno.

Sussurrare di Sandra Conticini

Ricordi, in mezzo a tutta quella confusione che c’era al concerto di Lucio Dalla riuscisti a sussurrare parole che ancora oggi non riesco a dimenticare. Le porterò sempre nel  cuore e con loro te. Quelle parole sussurrate erano  i nostri sogni e i nostri segreti per la  vita insieme.

Sussurrare di Stefania Bonanni

Piano piano, appena si sentiva uno strusciare di dentini, mentre con la bocca vicina al mio orecchio, scostandomi i capelli, dicevi : “Peesseeee….” e ridevi, ed io non capivo, ma ridevo, e tu ricominciavi a sussurrare “pesse, pesse”, ed io ti dicevo “non ho capito”, e tu ripetevi, ancora e ancora.

Dolcissimo sussurrare. Parole da cuore a cuore, da non capire.

Sussurrare di Rossella Gallori

Parlare,  gridare, sputare, uccidere, bestemmiare, lo sport dell’ uomo, dell’essere umano …poi ti fermi, hai finalmente paura e cerchi e tra i cerchi trovi chi ha voglia di sussurrare….in quel momento vivi, ami, apri gli occhi ed accarezzi il viso di chi ti è accanto, baciando i suoi sogni.

Sussurrare di Mimma Caravaggi

Sussurrare una parola dal suono dolcissimo, non può che abbellire una frase scialba senza significato. Se qualcuno mi sussurrasse qualcosa in un orecchio ne sarei felice perché penso che il sussurrare porti sempre a qualcosa di bello, dolce, intrigante. Sussurra parole dolci a qualcuno e l’avrai in pugno a vita.