Il non sense di una musica per carrozzina vagante

E…. – di Rossella Gallori

Ma quanto era alto mio fratello, e quanto ero piccola …io

…e quel trabiccolino di latta verdeacqua scortecciato! Per le bambole? E chi ce le aveva le bambole…e quelle ruotine di gomma cicciute? Consunte e molto sudicine…

Correvo con il mio scimpanzè nascosto da lenzuolini di piquet rosa cipria, correvo sui sassi, raccontando storie, cantando ninne nanne, a quell’amica di lana  quasi tutta nera, e se una bimba si avvicinava, le coprivo il musino sparuto…e via sulla ghiaia, per non far vedere il mio bimbo imperfetto…mi avvicinavo  alle orecchie che non aveva, sussurrandole: non aver paura, respira piano, non ti piglia nessuno…e via, via di corsa trumtrun troc trac

Si capovolse quella carrozzina…e tutti videro ”Agnese, la mia scimmia senza pretese” e risero …e io piansi…e lanciai sassi…e ripiansi gridando che era mia figlia …e ne buscai da mio fratello…e le lacrime non scesero più, per non dargli soddisfazione, ma corsi via dalla piazza, dai sassi e dalla gente cattiva …e scappai a casa…e mi chiusi in camera con l’Agnese, che sapeva di lana e solo di me, ben stretta al cuore…e tappandomi le orecchie cominciai a sentire meglio ed iniziai a contare chi mi voleva bene…e ci misi poco…poi una musica lentamente bussò alla finestra, già aperta…ma chi suonava…e cosa…e perché…e per chi…e   e   e    e…..

Musica e foglie

Festa di foglie – di Nadia Peruzzi

Il parco lì davanti era una distesa di foglie. Gli alberi, quasi completamente spogli, lanciavano verso il cielo le loro braccia secche e smunte.

L’uomo andava avanti e indietro strascicando le gambe sempre più affaticate. Ad ogni movimento del rastrello il mucchio di foglie aumentava. Rosse, giallo sporco, marroni in cumuli sempre più alti a far contrasto con l’erba che ancora non cedeva il suo verde smagliante. Durava poco l’effetto cromatico, visto che finivano tutte in lugubri sacchi neri ammassati ai piedi degli alberi.

Le foglie secche si rompevano sfrigolando sotto i suoi piedi e sotto il peso dei pesanti sacchi che era costretto a trascinare da un posto all’altro. Era un rumore costante, quasi ritmato ma monotono. Così lo sentiva Luisa, attraverso la grande finestra del salotto che era rimasta aperta per fare entrare i tiepidi raggi del sole autunnale .

Non fu per quello che la chiuse, Luisa. Era per la nebbia che stava scendendo fitta, portando con sé umidita’.

Stava per mettersi al piano e voleva un clima confortevole. Malgrado il fuoco nel camino scoppiettasse, il solo vedere la nebbia l’aveva fatta rabbrividire. Ritrovò un po’ di calore appena si sedette e appoggiò le mani sui tasti. Quasi come se lo strumento le trasmettesse un’energia mista a calore.

Leggera toccava quei tasti, quasi intimorita dalla magia che era in grado di trarne. All’inizio solo esercizio. Note con poca armonia. Qualche sol e qualche la, a mo’ di prova! La base che usava talora come sottofondo si prendeva ancora la scena.

Ma fu per poco.

Il suono in breve, si fece largo, parlava di spazi immensi, di cieli con nuvole che si rincorrevano veloci .

Il salotto non esisteva più, la nebbia fuori sembrava scomparsa.

C’era solo il piano, la sua melodia, le emozioni che la musica era in grado di evocare.

Luisa si sentì in pace con sé stessa per la prima volta dopo un tempo che le era sembrato interminabile!

Un pianoforte suona nel buio

Stasera è una musica dolce – di Stefania Bonanni

Son qui, ad occhi chiusi, da un po’, e non mi interessa affatto sapere da quanto e per quanto. Accolgo morbida suoni che rilassano ed aiutano a camminare in spazi diversi e inaspettati. Stavolta è stata una musica dolce, di pesche sciroppate ed atmosfere di saloni dalle luci gialle, sbiadite, riposanti. L’ambiente immaginario, così distante e diverso, mi diverte. Come un the classico, ad un’ora classica di un pomeriggio classico nel salone col pianista che suona leggero nell’angolo, con signore che hanno gonne lunghe e velette, e guanti di filo che arrivano al gomito e fumano sigarette con lunghi bocchini. Come essere nel salone di un grande albergo che ha i pavimenti ricoperti di tappeti orientali, che appannano i passi dei camerieri,che arrivano a servire il the improvvisi ed inaspettati, e si allontanano ugualmente senza suoni, per non interferire con la perfezione dell’attimo, con l’indolenza ovattata e dorata di un mondo sconosciuto.

Sorprendere

Sorprendimi …

con baci che non conosco

 ogni notte stupiscimi …

e se alle volte poi cado ti prego sorreggimi,

aiutami a capire le cose del mondo

e parlami,

di più di te, io mi dò a te completamente …

Adesso andiamo nel vento e riapriamo le ali

C’è un volo molto speciale non torna domani

respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani

qui non ci vede nessuno siam troppo vicini

 e troppo veri …

Sorprendimi … e con carezze proibite e dolcissime amami …

 e se alle volte mi chiudo ti prego capiscimi,

altro non c’è che la voglia di crescere insieme

ascoltami, io mi do a te e penso a te continuamente …

 Adesso andiamo nel vento e riapriamo le ali

 c’è un volo molto speciale non torna domani

 respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani

qui non ci vede nessuno siam troppo vicini e troppo veri … veri ...

Dai che torniamo nel vento e riapriamo le ali

 C’è un volo molto speciale non torna domani

 respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani

qui non ci vede nessuno siam troppo vicini e troppo veri …

Sorprendimi , sorprendimi, sorprendimi..