Fagioli e carezze – di Anna Meli

Era una stanza grande quella dove Lorenzo, vecchio contadino, si ritrovava per battere e poi vagliare i ceci o i fagioli. Io spesso andavo là perché di quella stanza mi piaceva l’odore gradevole delle mele che stavano ammucchiate nel soppalco messe da parte per l’inverno, e poi era rassicurante vedere questo vecchio rugoso, cinto di un grembiule blu che, una volta separati i fagioli dalle bucce, li metteva in uno staccio e maneggiandolo avanti e indietro toglieva i residui fini facendoli riemergere puliti, bianchi come i dentini di latte dei bambini.
Erano pronti per essere trasferiti nel sacco di tela che aveva accanto a sé. Il movimento dello staccio mi rilassava, sembrava scandire il tempo, mi dava tranquillità.
Ogni tanto Lorenzo stanco si fermava, con le sue grandi mani, accarezzava quasi con amore quei fagioli bianchi. A volte mi raccontava come con essi aveva sfamatola sua famiglia, perché diceva che erano il “magro dei poveri” e i suoi figli, dei quali era orgoglioso, erano cresciuti sani e forti.
Parole di una ieri, ricordi di oggi, sentimenti di sempre
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