Una gita “infernale” – di Luca Di Volo

Eravamo partiti entusiasti e baldanzosi…Qualche bello spirito un po’ di giorni prima aveva proposto una specie di passeggiata a piedi, così parlando: Perché non si va, partendo dalla pista del Campolino (ai piedi dell’Abetone n.d.r), costeggiando l’Orrido di Botri per poi arrivare a Montefegatesi in Garfagnana? Se ci venite vi assicuro uno spettacolo mozzafiato..” E noi accettammo..
Vedremo poi quanto fosse grande l’incoscienza sua e nostra, ai limiti dell’irresponsabilità.., ma eravamo giovani, niente pareva superare le nostre ambizioni. Quindi,via….
Già la partenza (un pullman ci aveva portato lì e ci avrebbe ripreso dall’altraparte)..già la partenza, dicevo, dava un cattivo presagio: il sentiero era tutto in salita, e che salita..Per forza, mi dicevo, si parte dal basso di una pista da sci..era prevedibile, però, speranzoso, pensavo: vedrai, guadagnata la cima poi, il terreno sarà tutto pianeggiante…manco a dirlo, per pianeggiare il sentiero pianeggiava..,ma in che modo..irregolare, interrotto da burroncelli, fossatelli, pozzette d’acqua..uno spiritoso venne fuori con una battuta: ora non ci mancherebbero che le sabbie mobili..” Fu accolto con freddezza…Ahi, l’entusiasmo stava pericolosamente scemando, i piedi pestavano il suolo che rispondeva col frusciare dell’erba secca dell’inverno privato della neve…ma alla fine si giunse al famoso “Orrido”..E qui ci sembrò che le nostre fatiche avessero avuto il loro premio: una visione orrifica stranamente attraente: una specie di fascino perverso….Il panorama poteva evocare quello delle Malebolge di dantesca memoria..infatti il solito professorino ci confermò che proprio a questo Dante si era ispirato per creare quel luogo infernale di delizie. Effettivamente, nella sua terrificante e struggente bellezza quello spettacolo poteva portare ad altri mondi e anzi, davvero, trasportarci “giù nel mondo perso..”
Ma lasciati quei luoghi e i tristi pensieri, illudendoci che ormai il peggio fosse passato, fu presa la rotta per la destinazione finale. Ma il peggio non era proprio passato, anzi, doveva ancora venire: appena varcata la conca di Botri, si erse contro di noi un muro di canne intricate, con cespugli ad altezza d’uomo, tanto che i compagni si persero subito di vista. Io, infatti, mi ritrovai all’improvviso da solo in questa specie di giungla nostrana, a mio parere non meno maligna di quella vera, anche se non c’ero mai stato. Mi aprivo la strada allargando la sterpaglia con mani e braccia, quasi un nuotare in un elemento improprio; la sensazione non era brutta, sul principio, quasi uno scivolare dolce in un’altra dimensione. Ma presto le illusioni svanirono e la fatica la vinse su tutto. I pensieri allora cominciarono ad andarsene in giro, in maniera indipendente, quasi onirica: evocarono l’Anabasi di Senofonte e agognai quando anch’io avrei potuto esclamare “thalatta, thalatta” (Il mare! il mare!) ,anche se il mare era lontano parecchi chilometri..e poi la casa, il calore, il comodo divano, lontane e irreali..e capii quali erano le cose che importavano davvero…Caddi, mi rialzai, poi ricaddi..Quando alla fine quasi senza fiato scorsi uno squarcio d’azzurro, con l’ultimo residuo di energia uscii sotto il libero cielo..i campanili di Montefegatesi, come giganti misericordiosi, accolsero un pellegrino che non stava più in piedi ma era diventato molto, molto più saggio.