La tinozza – di Nadia Peruzzi

Rivedo la casa, la stanza dove si svolgevano gli attimi della vita familiare. Ricordo la posizione del lavabo di granito e quella della cucina economica. E’ la casa dove ho abitato da bambina.
Il fiume mostrava ancora il suo percorso, nessuno si era ancora fatta venire l’idea balzana di coprirlo anche per ricavare un posto per il capolinea dell’autobus. La Coop lì davanti ancora non c’era, avevamo i campi di fronte .
C’erano affetti in quella casa di un tempo che fu, spazi piccoli ma accoglienti malgrado io e la nonna dovessimo dormire nello stesso letto. Lecomodità erano poche. Fra queste mi viene in mente il latte che vendevano porta a porta. Bastava scendere le scale con un pentolino e la mattina dopo potevi tirar via uno strato di panna profumata che, con una generosa aggiuntadi zucchero, serviva come anticipo della colazione vera e propria.
Il gabinetto invece era per le scale, una vera scomodità per non dire della fetenzìa che usciva fuori da quel buco nero una volta che toglievi l’asse che separava dall’abisso maleodorante.
Solo dopo qualche anno, si riuscì a trovar lo spazio utile per spostarlo sulla terrazza dove ebbe il suo posticino anche il bagno. Era iniziata la stagione dell’acqua corrente fin dentro le case.
Prima l’acqua te la dovevi andare a prendere alla fonte che, per fortuna, non era lontana. Usavamo la mezzina di rame che adesso fa bella mostra di sé in salotto insieme al fascio di fiori che di solito contiene.
Fare il bagno diventava così un’avventura .Un’avventura che di solito giocavamo in due, io e la nonna visto che il bagno intero io e lei lo facevamo nei giorni feriali mentre il babbo e la mamma erano al lavoro. Farlo tutti insieme sarebbe stato troppo complicato e avrebbe portato via troppo tempo.
Al centro della stanza e il piu’ possibile vicino alla cucina economica dove in inverno scoppiettavano bei ciocchi di legno, nel giorno dedicato al bagno intero, campeggiava una tinozza di zinco. Era abbastanza grande perché almeno io potessi entrarci senza problemi standoci addirittura seduta dentro,avanzava anche un po’ di spazio ai lati. La nonna la riempiva per metà e io ci entravo a gran velocità per godere di quel teporino e di quei vapori al profumo di marsiglia e sopratutto in inverno, per evitare il più possibile il freddo. Vicino e a portata di mano un pentolone in posizione strategica. Dopo l’insaponata la nonna armata di bricco con movimenti continui prendeva l’acqua dalla pentola per versarmela addosso, mentre strusciava via l’eccesso di sapone. Era una sensazione piacevole il tocco delle sue mani, che appena possibile trasformavano in carezza il gran strusciare. Il rumore dell’acqua che scivolava dal bricco per finire su testa e spalle portava serenità.
Che bello quando un suono, un semplice sciaguattio riportano in superficieun intero mondo. Cose, immagini, sentimenti che vengono da un’altra dimensione e tuttavia di una vivezza tale da sentirla come se accadesse tutto adesso.Un bagno, che oggi si fa in 5 minuti, basta aprire un rubinetto nella doccia, allora era una vera impresa che, e questo era il bello però, riusciva a farsi momento divertente. I piccoli scrosci dell’acqua dal bricco di alluminio si univano al suono dell’acqua che si muoveva nella tinozza ad ogni mio spostamento.
Tutto attorno erano schizzi, che spesso mi divertivo a lanciare anche oltre lo spazio attorno alla tinozza,tanto che i cenci che la nonna sistemava aprotezione non riuscivano a impedire che ne venisse fuori un vero lago. Così, mentre io mi vestivo rapidamente per evitare il freddo , la nonna ancora rossa per il vapore e scarmigliata, doveva poi dedicarsi ad asciugare per terra per riportare tutto all’ordine solito. Quando il lago era troppo grosso..non c’era scampo, anche io di corvée, a fare la mia parte.


















