La Lola – di Rossella Gallori

Il gruzzoletto era lì, malcelato dall’unico paio di calze di pizzo bianche, accanto al sottabito di nylon nero, tanto simile a quello della mamma, erano il frutto del mio lavoro, a 15 anni lavoravo già da un anno e quel poco che avevo mi sembrava tanto, ma l’ importante era che fosse sufficiente.
Quindi avevo deciso di farlo…e lo feci; mi informai da colleghe più grandi, chiesi in giro, San Lorenzo, era un mondo a parte, un mondo che io poco conoscevo, ma della Lola parlavano tutti, proprio tutti, dal barrocciaio, alla contessa…la Lola era una sensitiva, cioè dicevano che lo fosse. A me,sinceramente sembrava più una prostituta di terzo livello, messa in pensione dopo lunga ed intensa attivitá, ciondolava su alte scarpe di vernice verdi, dal tacco rivestito di pelle mangiucchiato dalle pietre dei vicoli, un cappotto di casentino bianchiccio, stretto in vita da una cintura piatta e larga a mò di vestaglia, al collo una macabra stola di pelliccia intignata, con una testa di volpe dall’ occhio di vetro, completava la “mise” un cappello di feltro nero, con la penna rossa….no, no non era invitante, la Lola, ma di lei si raccontava tanto, per lo più si parlava del suo mettersi in contatto con i morti attraverso un’ immensa radio.
Andai, con le gambe tremanti, il cuore in gola, avevo chiesto un paio d’ore libere…una visita medica come scusa, e la certezza che con i soldi ce l’ avrei fatta, volevo risentire la sua voce, il colore del suo amore per me, avevo paura di dimenticarlo, quel babbo amato, non avevo avuto il tempo di salutarlo, di dargli un bacio, erano passati già più di cinque anni. Ì soldi nella tasca della gonna di jeans, la speranza nella mia testa…feci gli scalini a due a due e non vedendo il campanello, bussai …l’ odore di minestrone era forte, il buio era pesto, pesante, forse le persone erano tre o quattro, una lama di luce filtrò dalla porta cigolante, ed apparve ĺei, struffellata e diafana, per magia la radio si accese…..smisi di respirare ed ascoltai…quanto gracchiò quella radio, sembrava sputare, non trasmettere, ogni tanto si udivano frasi sconnesse e sommesse, no la voce non era quella del mio babbo…no capii che l’ avrei riconosciuta tra milioni…
Quanto costò la Lola, e quante lacrime versai, quando mi sembrò di riconoscere nel secco fruscio, la voce del Semboloni, il ganzo della Lola, lattaio di via Dell’ Amorino…piansi sulla mia stupidità, sulla mia ingenuità, sulla mia solitudine di adolescente, rividi i miei fogli da mille affogati nel seno della Sensitiva e piansi, piansi ancora…..
Bello, bello bello. Mi è piaciuto molto. Mi ha rcordato la mia infanzia, anche se non ci incasyra nulla col racconto. Solo un baleno. Complimenti per per qudllo che susciti.
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In un ‘tocco’ si respirano ancora ansie, mancanze e delusioni..
Brava, come sempre!
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Come sempre sono affascinata dai tuoi racconti. Anche in situazioni molto diverse mi fai sentire come se quelle emozioni le avessi vissute in prima persona. Commovente.
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Che duri colpi infliggono le prime scoperte adolescenziali sulle miserie e le crudita’ della vita! Brava, sei riuscita a trasmettere in modo incisivo la ferita del cuore!
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