Gorgoglìo di ruscelli

Acqua di montagna – di Laura Casati

Li sciacquo continuamente questi denti doloranti, anche i colluttori non attenuano il dolore sordo e continuo. Mi alzo anche di notte, nel silenzio della casa, si ode questo rumore: l’ acqua che scorre nel lavandino. Il gorgoglio dell’acqua riporta alla mente un’emozione piacevole e rivedo i rigagnoli impercettibili che dalla sorgente pian piano  si dirigono verso il torrente impetuoso che scende a valle verso Pozza di Fassa e si getta nell’Avisio. Lungo il torrente situato nel gruppo Monzoni,  sul sentiero,  con il passare degli anni è divenuta una strada, scorgo il rifugio omonimo “Monzoni” il mal di denti siattenua e mi par di gustare lo yogurt montano con panna e mirtilli che viene servito lì. L’ultima volta che ci sono andata, ormai sei anni fa, oltre all avista, al gusto, anche l’udito si è deliziato, la filodiffusione trasmetteva brani del periodo della mia giovinezza: è stato un momento magico che non scorderò. Che strano i miei malanni fisici sono più sopportabili sarà stato l’effetto del colluttorio oppure i bei ricordi influenzano la mente e quest’ultima anche il fisico?

Scrosci d’acqua

L’acqua in casa – di Ivana Acciaioli

Andare a prendere l’acqua alla fonte in mezzo all’aia era a volte un piacere a volte un peso, ma sempre fonte di litigio con mia sorella.

La pesante pompa di ferro da alzare ed abbassare era  un incubo per me, la guardavo sospettosa mentre trascinavo la mezzina di rame vuota,  certa che volesse umiliarmi . Mi attaccavo a lei con tutto il mio peso di bambina ma mai sentivo l’acqua sgorgare, ci voleva sempre un aiuto per dare vigore alla prima mossa e questo mi irritava molto perché non ho mai amato le sconfitte. Poi giungeva il primo scroscio e singhiozzando si succedevano gli altri mentre  spingevo su e giù  fino a veder riempire la mezzina, che immancabilmente non riuscivo a sollevare da sola alimentando altra delusione. Invece mia sorella di cinque anni più grande di me gongolava  affermando la sua superiorità.

Quando arrivò l’acqua in casa compresi il significato di “miracolo”. La vecchia pompa rimase al suo posto ma ci dimenticammo di lei.

Il babbo decise di fare il bagno in casa ed una delle  camere al piano superiore fu adibita a toilette. Un lavandino e un water si perdevano e si guardavano nella vastità della stanza. La vasca non fu presa in considerazione, forse sembrò un lusso eccessivo. La mamma continuò a farci il bagno, si fa per dire, in piedi nel grande acquaio di marmo in cucina, soffrendo in inverno un freddo terribile.

Il lavandino e il water divennero, fino al disincanto materno, i miei giocattoli preferiti; ascoltare flussi diversi mi incuriosiva, il suono esile della mia pipí e subito dopo quello fragoroso dello sciacquone, mentre il lavandino diventava mare per le mie barchette di carta risucchiate nel vortice quando toglievo il tappo, veri naufragi si perdevano nel bianco della ceramica. Il mistero di dove tutta quell’acqua andasse a finire era un caso per me irrisolvibile.

La mamma intervenne a spezzare incanto e mistero per via di quelle mie lunghe permanenze nella “camera da bagno” come io la chiamavo, spiegandomi che l’acqua consumata andava pagata. Guardai dalla finestra della camera da bagno, si vedeva l’aia con la vecchia pompa e di nuovo sentii il sapore della sconfitta.

Gorgoglìo d’acqua

GORGOGLIO D’ACQUA – di Simone Bellini

La penombra nella stanza fredda della vecchia casa di campagna accoglieva l’arrivo della mamma. Con la pentola piena d’acqua appena riscaldata sul fuoco riempiva la catinella alloggiata su di un bellavamani in ferro battuto. Il vapore caldo dell’acqua si univa a quello dei nostri  fiati, mentre a torso nudo, tremanti dal freddo, aspettavamo il nostro turno per lavarci. Come sempre a me toccava l’ ultima mescita di acqua ormai fredda:

Non mi lamento mamma, ormai sono grande !  Dicevo con orgoglio, ma non ne ero molto convinto!

Acqua d’amore

Acqua d’amore – di Chiara Bonechi

Erano rumori di acqua, acqua che scorre, acqua che lava, acqua che bolle, acqua che nutre.  Ho sentito rumori caldi di casa, rumori di una volta, rumori di adesso.

Mi hanno regalato un’immagine lontana, la vecchia vasca da bagno, ovale e con i sostegni, mia nonna, i suoi piedi, proprio come erano fatti e le sue gambe grassottelle e ho risentito la sua voce, quando mi chiedeva aiuto perché la sorreggessi nell’atto di entrare nella vasca.

E se l’acqua era troppo calda ne aggiungevamo altra fredda e poi ancora calda fino a trovare un giusto equilibrio per un piacevole pediluvio. E avrei voluto che continuasse a lungo quello sciabordio, quello sciaguattio che per gioco non mi era permesso.

Ho rivisto anche mia zia nel suo grande giardino, le sue braccia forti che sostenevano annaffiatoi pieni d’acqua, due alla volta ne portava, dal viaio agli orci pieni di fiori.

Era instancabile in quel giardino, appagata dalla bellezza dei fiori.

I colori che penetravano attraverso i suoi occhi nella sua anima e i profumi che poteva odorare sono stati capaci di colmare il vuoto di un amore che troppo presto l’ha lasciata.