
Quel ramo del lago di Como – di Cecilia Trinci
Gabriella e il suo Lago di Como mi hanno fatto tornare alla mente I Promessi sposi, quel suo incipit inconfondibile, “quel ramo del lago di Como….” e subito dopo, quasi in una apparizione inevitabile, Maria Fazzi, la mia insegnante del ginnasio, che quel libro me lo ha fatto amare
Era alta.
Severa, elegante, vestita sempre di marrone, di grigio, di nero e in classe metteva, con umiltà, un grembiule lucido, allacciato in vita
Aveva i capelli raccolti in alto in una pettinatura rinascimentale, montati come a formare un cuore sulla sommità della testa, senza che mai un pelo sfuggisse via.
Sembrava una fata.
Aveva una dolcezza così sconfinata da sembrare una carezza vivente.
Era una professoressa di lettere che sorrideva, che apriva i libri e leggeva dolcemente la letteratura commentandola e paragonandola alla vita.
Una che diceva:
– Oggi non interrogo perché sono nervosa e il mio umore potrebbe influenzare il giudizio su di voi!
Mi ha fatto amare tutte le storie che ci spiegava.
Manzoni l’ho riletto cinque volte: Renzo, Lucia, L’Innominato, Don Abbondio. Di ogni personaggio ci faceva capire i lati belli e i lati negativi. Ma faceva il tifo per i coraggiosi e quelli che si schieravano con una qualche morale.
Non parlava mai della sua vita privata, di sentimenti o di altre persone che vivevano intorno a lei.
Stava con noi in modo esclusivo e sembrava che fosse solo nostra.
Ci sentivamo protetti, compresi, come se ogni mattina tendesse un filo di seta con ognuno di noi.
Raramente interrogava. Eppure sapeva chi eravamo, quanto sincero o no fosse il nostro pensiero, quanta attenzione fossimo disponibili a darle ogni mattina. Non chiedeva.
Lei dava. La conoscenza, la sicurezza, la volontà. Sembrava aprisse ogni mattina il suo bagaglio e lo distribuisse.
Penso che fosse incapace di ammalarsi e non è mai mancata.
Mi ricordo ancora la sua ultima lezione di quinta ginnasio: ci raccontò di Pompei, dell’eruzione del Vesuvio e di come quella città fosse rimasta intatta, bloccata nel suo ultimo attimo fatale. Ci comunicò quella atmosfera di terrore, di impossibile fuga, di terribile fine di una intera civiltà, come se fossimo lì davanti alle fiamme, alle grida, alla lava che scendeva sulle case.
Lei raccontava e io pensavo che niente ci appartiene per sempre.
Pensai che anche lei stava sparendo e che quello era il nostro ultimo giorno insieme.
Non l’ho più rivista.
| « Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. » |
| (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, 1840) |