
Ancora Vera – di Mimma Caravaggi
La chiamavo Vera non mamma. Vera era la persona che mi stava vicina che interveniva in mio favore che mi aiutava nei momenti più critici ma non come volevo, come una mamma, ma più come donna e “amica”, ma sempre presente. Ho contestato molto questa sua peculiarità perché a quell’età volevo una mamma come tutti gli altri adolescenti. Solo maturando e più in là con gli anni ho capito quanto fosse diversa ma preziosa. Non sapeva confortarmi ma era sempre vicina e presente. Nel 71 mi operai per una cisti ovarica e lei arrivò senza che glielo avessi chiesto e passò due notti sveglia a soddisfare le mie richieste poiché l’anestesia mi dette grossi problemi. Una volta dimessa Vera riprese il suo bagaglio e tornò a Roma nella sua casetta di Trastevere anche quella unica nel suo genere, ma non divaghiamo. Lei c’era quando mi sono separata. Venne per passare qualche giorno con me che improvvisamente mi ritrovai sola e avvilita. Le mie sorelle mi telefonavano e cercavano di consolarmi ma lei era lì presente. Mi mandò a 22 anni in Inghilterra per studiare l’inglese. Mi spediva sempre qualche soldino per paura che mi mancassero. Mia sorella più grande, quando tornai dopo più di un anno, aprì la porta e seppe solo dirmi: “mettiti le ciabatte”! Ma Vera mi accolse a braccia aperte pronta a rispedirmi da qualche altra parte, perché era convinta che viaggiare, conoscere il mondo, mi sarebbe servito, anche se per lei sarebbe costato un immenso sacrificio. Vorrei descriverla nella maniera giusta, non penalizzandola, per essere stata una mamma molto intellettuale e politica, era sempre ottimista e allegra pur lavorando e sgobbando molto. La sua giornata iniziava verso le 4 la mattina: preparava la lezione per la classe, verso le 7 andava a prendere il bus che la portava alla stazione per prendere il pullman per uno sconosciuto paesino vicino a Roma, ma prima di salire comprava almeno 4,5 giornali che si leggeva durante il viaggio e poi lasciava all’autista perché leggesse gli articoli che lei aveva evidenziato. Tornava a casa tra le 2 e le 3, si faceva un panino che sbocconcellava procurando un mare di briciole lungo il percorso. Erano la mia croce, le briciole, perché non avendo ore specifiche per mangiare come tutti lei sbriciolava a tutte le ore. Dopo si faceva un breve sonnellino e verso le 4 ripartiva per fare lezioni private e a volte erano tanto lontane che doveva prendere 3, 4 bus. Si portava dietro il sacchetto dell’immondizia che avrebbe dovuto lasciare fuori del portone, ma che regolarmente viaggiava con lei ! Tornava stanca morta la sera dopo le 8 e dopo il solito panino verso le 9,30 crollava sulla poltrona con un libro in mano. Se si svegliava andava a letto, altrimenti passava la notte in poltrona per rialzarsi alle 4 e ricominciare la sua pesante giornata. Era bassa, grassoccina e con le gambe storte ma sapeva ridersi addosso e non veniva mai derisa dopo essere stata ascoltata. Bastava aprisse bocca e tutti pendevano dalle sue labbra. Un giorno fu invitata dalla scrittrice mi sembra si chiamasse Nathalia Ginsburg ad un defilé di moda. Chiese il mio aiuto per rivestirsi un po’ diversa dal solito. La preparai mettendole lo smalto alle unghie che non aveva mai messo, la mandai dal parrucchiere, la vestii con ciò che avevo di meglio un bel golf di cachemire carta da zucchero con il collo alto stirato e pulito, senza neppure una macchia, cosa nuova per lei come pure il defilé, e una bellissima gonna scozzese che mi ero appena comprata. Quando tornò a casa e raccontò la serata si divertì a prendersi in giro spiegando che era l’unica con un golf a collo alto e una gonna scozzese, erano tutti in abito lungo da sera! Sarebbe voluta tornare indietro non appena messo piede nella grande sala, ma la Ginsburg la vide subito e la chiamò a voce alta facendo girare molte teste. Ho immaginato la scena e riso insieme a lei che finì dicendo di essersi seduta e provato ad accavallare le gambe ma che non c’era riuscita perché le restavano a penzoloni. Povera Vera che figura le avevo fatto fare? Non ero mai stata ad una sfilata di moda e vestendola con maglione di cachemire e gonna scozzese puliti e stirati pensavo fosse il non plus ultra. Lei comunque viveva la sua vita come le piaceva senza preoccuparsi affatto del parere degli altri e viveva meglio di me che mi preoccupavo delle brutte figure. Mi piace descrivere Vera e le sue “avventure” me la fanno ricordare come la mia più grande amica sempre pronta ad essermi vicina ma anche come una mamma speciale. La volta che partimmo per il Guatemala per andare da mia sorella Gianna con i due nipoti lei ed io all’aeroporto olandese in attesa di prendere la coincidenza per l’America i nipoti la infilarono dentro un carrello per la spesa e la scorrazzarono per tutto il grande aeroporto fra l’ilarità di tutti . In Guatemala alla veneranda età di oltre ottant’anni volle salire per fare un giro sulla moto di un amico di Gianna. Tornò che sembrava una bambina felice della sua scappatella. Ora mi manca, continua a mancarmi molto forse perché riposa in Turchia e non in Italia e io posso pensarla ma non andare a trovarla. Vera mi manca come il suo ottimismo, la sua gioia di vivere, la sua intelligenza mai invecchiata sempre attuale. Le sue fotografie in casa rispecchiano la sua bellezza interiore che purtroppo ho saputo apprezzare, come molti figli, troppo tardi.
Stupenda questa tua des frizione, come vederla e averla accanto ora questa Vera così vera…
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Grazie ne sono felice
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Credo…no ,son sicura…che saresti stata una mamma speciale anche tu……non ti chiedo di adottarmi ..pochi anni ci dividono poi, sono una bimba un pò ingombrante…in tutti i sensi…a volte sei mamma ,a volte grillo parlante…..a volte mammola e non è un errore sei MAMMOLA …
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GRAZIE Ro, mi è piaciuta MAMMOLA !
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