Scende la neve

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Nevica – di Aldo Bombaci

Silente e leggera

scende dal cielo

e viene da noi stasera.
Fuori tutto tace,

non un fruscio,

non un rumore,
la natura ha capito

che sta per arrivare

ed è andata a dormire,

così piano piano potrà

con il soffice manto coprire.
I fiocchi sono tanti e sono belli,

a milioni tutti fratelli,

illuminano la notte di  candore

che piace ai bambini e rallegra  il cuore.
Domani nell’aria ci sarà nuova allegria,

chi tirerà le palle,

chi andrà sullo slittino,

chi farà il fantoccio nel suo giardino.

Fiori di ciliegio

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Petali – di Lorenza N.

La prima immagine che compare nella mia mente alla parola “petali” è la pioggia di petali di fiori di ciliegio che fioriscono nello stesso momento in un giardino giapponese. E’ una visione che io ho ammirato solo in foto e nei video ma che nella cultura giapponese l’Hanami è un evento a cui nessuno vuole mancare. La fioritura è in momenti diversi in tutto il paese, e un servizio meteorologico monitora quando sarà cosicché tutti possano contemplare e festeggiare con passeggiate, pic-nic, e degustazioni a base di ciliegie accompagnate da un bicchiere di sakè. Solo il clima decide quale sarà la data esatta in cui sbocceranno i fiori dei ciliegi della specie sakura; essi resteranno in fiore solo per pochi giorni. Dopo di che cadranno in una danza struggente e poetica che tingerà di bianco rosato l’erba, decorandola come un tappeto prezioso. Purtroppo c’è anche della tristezza in quei fiori che si struggono privandosi della loro bellezza. Ma nella natura non c’è nulla di casuale. Per i giapponesi il ciliegio è un simbolo nazionale, dall’atavico significato della caducità della vita e delle cose materiali. La sua fragile vulnerabilità è assimilata alla grazia, alla morte ma anche alla rinascita. Infatti, solo se il fiore cade  può trasformarsi e produrre il frutto. C’è tutto il significato del senso della vita in quel meraviglioso sfavillio di bianco e rosa. Poi arriverà il fiore candido dei pruni ad annunciare l’arrivo della primavera.

 

 

Tulle sul lago

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Tulle sul lago – di Gabriella Crisafulli

Il tulle avvolge la scena, la scherma, la sbianca. Le ombre diventano nulla, i suoni sono ovattati. L’acqua ribolle di nebbia e le imbarcazioni dondolano come culle. A galla fumi di umidità salgono piano piano verso l’alto, mentre il traghetto si avvicina al pontile.

In attesa c’è un gruppetto sparuto di uomini vestiti di scuro, una donna con due bambine piene di sonno e i sacchi della posta.

Ogni giorno si replica la stessa scena, alla stessa ora, con le stesse persone: vengono scambiate parole brevi, secche, a bassa voce, in un dialetto stretto e smozzicato.

Settimana dopo settimana da quelle voci trapela una narrazione ripetuta sempre uguale, sempre diversa. C’è un pathos in ciò che viene detto a cui non si può sfuggire e che rende l’aria tesa.

Il battello rulla nel suo viaggio lungo i rami del lago e in lontananza si aprono quinte di velluto tra le quali si muovono personaggi muti, attori di un silenzio fatto di trame, tradimenti, delitti.

Il nome di Dongo ricorre più e più volte tra una frase e l’altra.

Pontile dopo pontile si sale, si scende, si scaricano i sacchi della posta sulla colonna sonora di discorsi a mezza voce, stando attenti a chi sta vicino.

I segreti sono nascosti in un silenzio interrotto dallo sciabordio delle acque, dalla sirena del traghetto, dal ronzio dei motori, dal tonfo delle passerelle di legno lanciate a riva ad ogni attracco.

Manca la verità di quel passato.

Le orme gelano e tu le segui.