Neve nel bicchiere

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La neve nel bicchiere – di Ivana Acciaioli

“Dai presto prendiamo i bicchieri!” e via a riempirli di neve, un po’ di zucchero, di limone ed ecco pronta la granita. Nessuno pensava all’inquinamento, alle piogge acide, il candore era garanzia di purezza.
Con le gonnelline corte di lana scozzese a pieghe, tessuta a telaio dal babbo e cucita dalla mamma, i calzettoni di lana ruvida, fatti a ferri, le cosce scoperte  rese paonazze dalle sferzate d’aria gelida, eravamo felici dell’imprevista leccornia.
Il bicchiere passava da una mano all’altra per non far gelare del tutto le dita, le risate rimbalzavano sulla neve e il silenzio ovattato di un mondo senza automobili, senza televisione che aggiorna sul maltempo,sulle valanghe, sulla situazione delle strade , dei treni, faceva apparire la neve solo come uno splendido miracolo, un dono che la natura elargiva per quel magico momento

Fresco

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Fronte fresca – di Stefania Bonanni

Sento che è un gesto antico, l’ hanno fatto per me, ed io lo ripeto, restituisco un bacio d’amore, morbido e leggero. Ero ammalata, mi baciarono sulla fronte, e guarivo, ogni volta. Avevo la fronte fresca, quando guarivo. Non servivano termometri, le labbra morbide che si appoggiavano appena, riconoscevano subito il calore della febbre. Sembrava una magia, ma io l’ho imparata.

Avvicino lentamente le labbra alla fronte di Leo, ed il fresco mi riempie di bellezza, di sereno, di profumo, di morbidezza. Oggi lui, ieri lei, ieri l’altro un altro lui, poi loro tutti ancora, sempre, con baci sulla fronte, nella speranza di trovare la fronte fresca. Nella certezza che nelle loro fronti fresche nascano pensieri limpidi, e voglia di giocare.

Meringa

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(foto di Ivana Acciaioli)

Le spumiglie – di Ivana Acciaioli

Lina e Dina erano grandi amiche ma spesso si punzecchiavano, e per giorni anche se si incontravano nel piccolo paese non si salutavano, soffrendo la pena dell’amicizia appesa ad un broncio.
Io capivo poco del loro essere donne, ma quando si mettevano insieme per cucinare non mi perdevo lo spettacolo.
Il momento del pane era  sempre bello ma quel giorno c’era una novità perché dopo il pane , dopo i dolci, insomma proprio alla fine, quando il forno avesse perso molto calore, avrebbero infornato le spumiglie, che sarebbero rimaste al calduccio tutta la notte.

La curiosità mi prese ancor di più quando Dina si mise fra le  ginocchia una ciotola con dentro tanti chiari d’uovo; cominciò a sbattere con una forchetta la massa gelatinosa,per la velocità della sua mano quel semplice strumento niente aveva da invidiare ad uno dei moderni frullini elettrici.
Lina intanto faceva cadere lentamente lo zucchero sopra la schiuma d’uovo che diventava sempre più bianca , montata e soffice; veniva voglia di affondarci gli occhi ed un dito.

Ogni tanto le due amiche si scambiavano i ruoli in una sorta di gara taciuta e la ciotola,tenuta stretta fra le gambe, era il loro trofeo.
Quando il composto fu lucido, bianchissimo e montatissimo, le donne fecero dei mucchietti nelle teglie e le candide nuvolette sparirono nel buio del  forno.
La mattina seguente corsi da loro, mi aspettavano; dal buco nero miracolosamente uscirono  ancora candide e profumate le meringhe.
Ne addentai una, la crosta si sciolse immediatamente in bocca e fece spazio a un cuore morbido, una goccia chiccosa, estasiante.
Mentre guardavano il mio dolce stupore Lina e Dina avevano nel loro sorriso il bianco che non ho dimenticato.