La neve, la prima volta

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La prima volta che ho visto la neve – di Stefania Bonanni

È un ricordo tenero e nitido, quello della prima volta che ho visto la neve.

Penso di aver avuto cinque o sei anni, e la mia sorellina pure, visto che ha quasi la mia età anche adesso. Avevamo una seicento bianca, e mi sembrano così curiose, quelle portiere che si aprivano al contrario,  al contrario rispetto alle macchine di ora. Forse questo me lo invento, ma erano portiere educate, che permettevano a donne con le gonne di scendere dalla macchina senza che si vedessero le gambe, nel caso qualcuno guardasse dalla strada.

Comunque, era inverno, ed era molto freddo. Io avevo un cappottino che scopriva le ginocchia, di un colore tristissimo, melange, tra il grigio ed il marrone, e quello sarebbe stato il suo ultimo inverno, perché non avrebbe sopportato di essere rigirato ancora…..sotto il cappotto avevo la gonna a pieghe, poi i calzettoni a quadri rossi e blu, ed un paio di stivalini bassi, alla caviglia.

La Sonia era vestita uguale, con quello che io mettevo l’inverno prima.

Disse il babbo, con un sorriso quello sì bianchissimo…: “Bambine, forza, vi porto alla Consuma. Sulla neve, andiamo, avete anche i vestiti adatti!” E si parti’ per quello che allora era un viaggio vero e proprio. Non posso fare a meno di fare questo raffronto, l’ho fatto sempre, ogni volta che siamo andati nella vita a fare merenda alla Consuma, o a fare una giratina, o al fresco…penso a quella volta, a quella prima volta che ho visto la neve.

C’era ghiaccio sulla strada, si andava piano, nel centro della carreggiata. Dopo Rosano non si incontravano altre auto, e io ero sempre più concentrata sull’eccezionale avventura che stava per capitarmi, tranquilla perché se ci portava il babbo, non c’erano pericoli.

E il paesaggio cominciava ad essere tutto bianco. Giganteschi alberi d’argento con rami pesanti che si chinavano a salutare, microscopiche casine con camini fumanti ,un fumo denso grigio, quasi bianco, casine nel bosco, come la nonna di Cappuccetto Rosso, o come quella di marzapane. E poi tane enormi, nel tronco degli alberi più grossi, dove erano al sicuro cerbiatti, leprotti, scoiattoli, lupi…….lupi? Questo aspetto mi turbava un po’, non sapevo…..

Il viaggio continuava…a Diacceto il babbo accostò per mettere le catene. Mi sembro’ un’operazione davvero complicata, con questa ferraglia intricata che andava distesa per poi passarci sopra con le ruote della macchina ed essere poi agganciata, a ricoprire tutta la ruota, per darle dei denti che non aveva di natura, per mordere, anziché scivolare.

Poi, poco dopo, di nuovo fermi perché dovevo vomitare. Ed andò bene, con la portiera al contrario ci volle un attimo di troppo a farmi scendere, rischiai di vomitare in macchina.

Invece lo feci sul ciglio della strada, e in quel punto tornò a comparire erba e terra. Fu un miracolo.

E non fu l’unico, perché capitò di nuovo, dopo un’altra serie di curve. Ora capite, ci voleva davvero un evento straordinario, altrimenti non valeva la pena sottoporre tutta la famiglia ad un simile rompimento di scatole…

Comunque, si arrivò alla Consuma. E c’era tantissima neve, tutto bianco immacolato. Tutto freddo, ghiaccio, ma ancora non si era toccato questo prodigio. Ci si fermò in un punto in piano, e finalmente si scese. Le nostre scarpe scivolavano, tutti si scivolava, e si rideva e si muovevano le braccia buffe, come in un balletto. Poi si toccò la neve, finalmente, e i guantini di lana si inzupparono e subito ghiacciarono intirizziti. Le gote e le cosce rosse, la gocciola al naso che diventava un ghiacciolo, le pallate, le risate argentine. Fu bellissimo, bellissimo e felice. Fu difficile andarsene, ma come si dice sempre: tutte le cose belle finiscono.

Tornammo a casa più in fretta, anche perché eravamo bagnate.

Solo che io ero più bagnata…quando mi aiutarono a spogliarmi, in mezzo alla cucina, davanti alla cucina economica accesa, si accorsero che ero molto bagnata all’altezza delle tasche del cappottino. E dicevano: “cosa hai fatto? Come mai?” Non capivo: ma come? Solo io avevo preso un po’ di neve? Pochino, solo pochina, per me, per casa, per ricordo……

 

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

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