Per “I mercoledì de La Matita per scrivere il cielo” – 24 gennaio Bibliocoop Bagno a Ripoli – tre storie di Luciano Giannelli, Rossella Gallori, Mimma Caravaggi
In ottava rima – La storia del gatto Bartolo(Meo) di Luciano Giannelli
Salendo per le scale come usato
Stanco per l’eccessivo lavorare
Non mi pensavo mi sarei trovato
Un nero gatto cui dover badare
Inver da giorni si era osservato
Di cuccioletti strano passeggiare
Ma non credevo, da persona accorta,
Trovarmi un gatto proprio sulla porta.
Ristava lì, dimesso e mingherlino
E mi guardava con disperazione
Moribondo esemplare di felino
In cerca certo di cibo e padrone.
Mettermi gatto in casa e piccolino
Certo non era nella mia ambizione
Ma per la compassion che ci s’abbatte
Gli diedi mezza ciotola di latte.
Gliela lasciai dinanzi della porta
Ch’entrasse in casa poi non era il caso
Ed io pensavo fosse mossa accorta
Lasciarlo fuori a succhiar dal vaso
Che altra soluzion non s’era scorta
Per un gattin ch’ha lo zerbino invaso.
Di conseguenze la scelta fu foriera
Perché il giorno di poi lui ci riera.
E mi guardava con aria fiduciosa
Pensando aver risolto il suo problema
L’aria che aveva era certo amorosa
Semplice assai lo teneva lo schema
Tranquillo se ne stava in quella posa
Senz’ansia, senza affanno e senza tema.
Era tornato lo scimmione buono
Che di quel latte gli avea fatto dono.
Passato in casa, si dové costatare
Che breve si poneva la questione
Che se alla fame si potea badare
Con quel catarro che tenea bordone
Non si sapeva certo cosa fare
Triste si prospettava soluzione
Per il momento non s’immaginava
Ch’era il rumor del gatto che ronfava.
Ronfava proprio senza soluzione
Tanto felice era il bel gattino
Felice prospettava la stagione
Avea chi gli poteva star vicino.
E non che fosse una sua pretensione
Siccome ch’era tanto piccolino
Che lo badassero era naturale
E lì non si trovava proprio male.
Così Bartolomeo detto Meo
Venne ad allargare la famiglia
Non c’era discussion né piagnisteo
Gatto radagio è di chi se lo piglia.
Sembrò che non avesse neanche il neo
D’esser bastardo oppure ci s’appiglia
Al libro che di saggio ha pretese
Nel dirti che lui è un siamese inglese
Crebbe contento e crebbe assai tranquillo
Senza sortir di casa alcun momento
Pungeva qualche volta col suo spillo
Ed è sicuro che io lo rammento
Poiché m’entrava a letto tutto arzillo
Di certo provocando un gran fermento
Quando restavo oltre la decenza
Destinata m’era questa penitenza.
Dopo d’un tempo cominciò a sortire
Perché era grande e la gatta tirava
Era tutto un tornare e rifuggire
Secondo la gattina lo chiamava
E ritornava stanco per dormire
Distrutto certo da chi lo spompava
Diviso insomma fra bagordi e amori
Viveva bene dentro e bene fuori.
Però non sempre la cosa funziona
Banali eventi posson rovinare
Una vita tranquilla e un po’ sorniona
E tanto accade e tu non sai che fare,
Sovente la tua pace condiziona
Cosa minuta da non considerare.
Se torni a casa ed è chiusa la porta
Non puoi saper dove questo ti porta.
E tanto accadde in una settimana
O anche meno ch’eravamo assenti.
Rimase Meo lì gnaulando in vana
Ricerca dei padroni impenitenti.
Rimase dico alla porta sottana
E pure visto da quei deficienti
Che con noi stavan in buon condominio
Aprir la porta gli parve abominio.
E così ti smarrimmo, o caro Meo
Tristi mirando una tua sorellina
E ricordando, ed era piagnisteo,
Come ammalatasi la nostra bambina
Tu stavi lì e parevi un cicisbeo
Lasciando il letto sol per pisciatina
Fatta di corsa, tornando con pazienza
A porgere la tua piena assistenza.
Né fu che ti perdemmo e ti scordammo
Ché un bel giorno, in una strada ascosa
All’improvviso noi ti ritrovammo
Corresti incontro con aria giojosa
Girarti e rigirarti ti mirammo
Convinti di riaverti, ma una sposa
Ti deve aver chiamato dietro un muro
E ci sparisti dentro un buco scuro.
Fu peggio mesi dopo in un canneto
Ch’era infestato di gatti bianchi e neri
Eri tra loro e neanche in segreto
Vivesti un dramma, ad essere sinceri
La torma ti chiamava nel forteto
Ma noi agitavamo i tuoi pensieri.
A lungo esitasti sul che fare
Però al fin ti decidesti a andare
Anche se per minuti lunghi assai
Intensi gli occhi tuoi ci fissorno
D’allora non t’abbiamo visto mai
E si passava giorno dopo giorno
Dicendo se succede e casomai
La tua sorella l’avevamo intorno
Randagia, né ci siamo accorti
Come né quando voi due siate morti
***
Siria, la mia gatta – di Rossella Gallori
La mia vicina di casa ha sempre avuto un debole per gli animali: conigli bianchissimi, cagnolini biondi e se ben ricordo ha avuto anche un furetto, tutti deceduti per distrazione, riempiti di grande amore ed abbandonati al primo intoppo. Quindi, spariti cani, conigli, furetti e fidanzati vari, la mia vicina decise per un gatto, una gattina grigioazzurra, una certosina dagli occhi verdi, che io vedevo raramente, ma sentivo miagolare spesso.
Ma l’intoppo arrivò, puntuale: il rifacimento delle facciate….e le mia vicina decise di far abituare la gattina a star fuori, Siria ( nel frattempo aveva ottenuto un nome) non ne fu felice: aveva pochi mesi ed il freddo ed il rumore la spaventavano……
Approdò in casa nostra.
Semplicemente ci scelse e basta, non volle più tornare da dove era venuta….appena sentiva la voce di lei scappava, sotto il letto, riusciva a starci anche due giorni….
Siria mi ha scelta, ed io ho scelto lei, non desideravamo essere diverse, ci siamo amate per quello che siamo, pregi e difetti, grandi tristezze, incazzature faraoniche, silenzi improvvisi, voglia di nascondersi, desiderio di graffiare, far male ….farsi male…il nostro modo incompreso di far capire che esistiamo.
Ad ogni mio evento lei c’ era …il diploma di Alice, la laurea di Alice, i fidanzati di Alice….squadrati ed ignorati, da lei ed anche un po’ da me….
Ma sono i momenti più tristi, quelli che mi legano a lei , quando dormivo di giorno dopo le nottate a mia madre e restava immobile aderente al mio corpo per ore …senza lamentarsi se nel mio agitato dormiveglia le schiacciavo la coda….e come leccò le mie lacrime quando la mamma decise di non vivere più.
Siria mi somiglia: sembra forte, indifferente, anche un po’ stronza, ma è fragile, sussulta per un nonnulla, ignora chi non la ama…oppure, proprio come me finge indifferenza per salvare quel poco che le resta da vivere, altrimenti , come me, non ce la potrebbe fare. Mi ha sostenuto nella mia battaglia persa, quella con mio fratello malato, a lei bastava che tornassi, facessi una doccia, indossassi il mio profumo, una scodella io, una ciotola lei…..poi gli altri dicevano la loro…..ma lei con il suo ronfare mi distraeva, mi rincuorava…..
Ha rotto in gioventù qualche soprammobile, mi ha graffiato gambe e braccia, ma sempre e solo per dirmi” OH MA SEI VIVA? .” per ricordarmi di restare con i piedi per terra.
Siria ha diciassette anni, o forse ne ha uno in più e non li nasconde, è scorbutica , mangiona, dorme quando deve star sveglia ,e viceversa. Io son sempre più Siria e lei sempre più Rosy ….si tuffa nelle cose che sanno di me, del mio Paris …..io cerco il suo grigio mantello da accarezzare quando voglio ritrovare un po’ di equilibrio.
Dei gatti si dice che sono opportunisti, menefreghisti….. non so come sono gli altri …., io so come è lei ….la mia gatta….una certosina grigioazzurra ……che come molti dicono, non andrà oltre i ventanni….! Ma poi che ne sa la gente, son tutti veterinari, psicologi ….tuttologi….
Siria starà con me …per sempre… come tutto ciò che si ama…..
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UNA FAMIGLIA DI …. CONIGLIETTI – di Mimma Caravaggi
Avevo invitati a cena e gli ospiti si presentarono con un regalo al di fuori di ogni regola: ben due coniglietti bianchi soffici e morbidosi che mi fecero sciogliere subito come neve al sole. Piccoli e grassocci. Appena li toccavi l’istinto era di portarseli al viso e affondarlo in quella massa pelosa. Ti rilassavano come un antistress naturale. Mi dimenticai di tutto: della cena e delle pietanze sul fuoco. Non volevo più staccarmi da quei due soffici animaletti. La mia vita cambiò molto. Diventai apprensiva. Oltre ai cani non avevo mai avuto altri animali in casa, questa era una novità. Fortuna volle che, Renata, una cara persona che mi aiutava con le faccende di casa e conosceva gli animali da cortile, mi alleviò la preoccupazione di trovare loro da mangiare visto che non sapevo proprio nulla in proposito. Così i miei coniglietti crebbero belli grassi e contenti. Detti loro un nome: Pippo-pippo al maschietto e Pandora alla femminuccia. Alberto, mio marito, costruì per loro, con tanta passione e maestria, una gabbia di legno bellissima e capiente che mettemmo dentro il vecchio, enorme e non usato caminetto in salotto. Pandora era calma. Se ne stava tranquilla nella sua parte di gabbia, Pippo-Pippo invece prese l’abitudine di troneggiare sopra e di scendere sempre da una lato e risalire dall’altro dopo aver fatto una piccola sosta davanti alla sua bella. Ero felice. La sera dopo il lavoro aprivo la gabbia e anche Pandora usciva e in una di queste sortite successe il “fattaccio”: lei rimase incinta ! Fu una bellissima esperienza che non potrò scordare. La sera prendevo Pandora la tenevo in collo e allentavo tutta la tensione della giornata passata al lavoro. Era di un soffice e così morbida, era un piacere coccolarla e a lei piaceva molto e andava in catalessi non appena la mettevo a pancia in su. Alberto provvide a costruire una grossa scatola di legno con un piccolo ed unico pertugio per entrare e lì Pandora iniziò a preparare la “culla” strappandosi tutto il pelo dell’addome misto a fili d’erba; il tutto di una pulizia meticolosa. Mai usò quel rifugio come lettiera. Dopo soli tre mesi nacquero due piccolissime e meravigliose conigliette a cui detti i nomi di Isotta la più grassoccia e Fraschina la più piccola. Erano un capolavoro. Mai avrei pensato nella mia vita che mi sarei affezionata tanto a dei conigli. Le piccole erano un terremoto. Fuori dalla gabbia erano uno spettacolo : danzavano. Sembravano due piccole ballerine in bianco tutù che saltavano piroettando in aria atterrando poi delicatamente a terra come petali di fiori nell’acqua. Ero incantata. A volte si nascondevano sotto i mobili e le sentivo grattare, così le richiamavo a voce imperiosa per farmi ubbidire e la bellezza era che si fermavano immediatamente, affacciandosi con la sola testina da sotto il mobile. I loro musetti erano uno spettacolo e come due birbe dopo essersi accertate che non c’era nulla di cui preoccuparsi tornavano tranquillamente al loro grattio, ben nascoste. Il gioco si ripeteva per gioia mia e di Alberto. D’estate si trasferivano nella “seconda casa” costruita in giardino dentro un recinto dove scorazzavano tutti liberi e felici per andare a coricarsi nella scatola con quell’unico pertugio che serviva loro come camera da letto e da dove potevano affacciarsi ad ogni rumore curiosi come non mai. Un giorno dei nostri amici mi chiesero di prendere il loro coniglietto, abbandonato dal nipote, e lasciato a volte senza mangiare in una piccola gabbia posta in giardino lontana dalla casa. Fui colpita dalle condizioni in cui riversava quella dolce bestiolina e non riuscii a dire di no. Così portai a casa Peppiniello, di razza diversa e molto più piccolo dei miei. Peppiniello è stato una nuova scoperta. Misi anche lui nel caminetto prima in gabbia poi libero perché non combinava guai era dolcissimo e andava d’accordo con Pippo-pippo. Prese l’abitudine, appena mi presentavo in salotto la mattina, di farsi trovare sull’angolo del caminetto. Io mi chinavo mentre lui si metteva in piedi e con la sua linguetta rosa e rasposa mi dava tanti bacini sulla guancia o sul naso. Io mi commuovevo pensando che a volte gli umani non riescono ad essere così affettuosamente dolci. Erano la mia famiglia!!! La sera tornavo dal lavoro, stanca ma appena li vedevo e mi venivano incontro sul bordo del caminetto tutta la stanchezza passava in un attimo. Poi a volte mi mettevo Pippo-pippo in tasca e lo portavo in giro per casa con me poi facevo un cambio, a volte ne mettevo anche uno per tasca e me li portavo in cucina a preparare la cena. Era bello tornare a casa e trovare questa morbida e calorosa accoglienza. Non potrò mai dimenticarli anche se era faticoso tenere pulita la gabbia e, dargli da mangiare cercando di variare la dieta evitando le stesse cose ed era bellissimo vederli mangiare una mela o una pera o la famosa carota attaccata ad un gancio mentre ci si buttavano sopra voraci e si spintonavano per il posto migliore come due bambini dietro ad un gioco. Pandora e Pippo-pippo sono stati con me cinque anni e sette anni Isotta e Fraschina. Peppiniello fu l’ultimo ad andarsene, era arrivato più tardi e devo dire che ho pianto calde lacrime quando uno alla volta mi hanno lasciata. Per un lungo periodo non volli più nessun animale in casa perché la sofferenza era stata tanta. Ero risoluta nella mia decisione fin quando mamma non arrivò con ……….