Intrecciando il rosso con la vita

INTRECCI – di Laura Casati

La rivedo spesso sull’aia di casa che intreccia serena i rametti di giunco per farne corbelli e ceste di varie dimensioni e per le  raccolte dei frutti della sua terra. Questa era mia nonna Fortunata, piccole mani che leggere e decise realizzano questi utensili per la campagna. Per lei era il momento del riposo dopo i lavori in casa o dell’orto ma la  sua mente era sempre vigile ed attenta e spaziava nell’infinito mondo della natura che lei adorava.

Lontano – di Stefania Bonanni

Oggi è stato giorno di partenze.

Se ne sono andati tutti. Qualcuno lontano, qualcuno lontano lontano lontano.

In posti sconosciuti, in case che non sappiamo, non è facile neanche immaginarli, là.

Fa ansia, lontano lontano. Fa venire l’ansia il pericolo del viaggio, pensare che possano avere problemi, il non vedersi, ma fa ansia anche proprio la parola “lontano”.

Eppure non significa poi così tanto. L’ansia vera viene quando siamo vicini vicini e si capisce che non si è mai stati più lontani.

“Lontano lontano, uno sguardo negli occhi di un altro, ti farà ripensare ai miei occhi, a quegli occhi che ti amavano tanto”. E questa era la canzone del mio babbo.

Cigolio – di Maria Laura Tripodi

Evoca tempi lontani, luoghi nascosti, abbandono.

Penso al cigolio che nel silenzio assoluto fa sobbalzare di paura.

Eppure il suono del ferro arrugginito che sfrega su altro ferro ha un suo fascino nascosto. Come se l’aver abbandonato l’uso di un oggetto lo abbia quasi fatto diventare qualcosa di diverso.

E’ la ruggine che corrode e distrugge. Ma i cancelli che cigolano raccontano la loro storia al di qua e al di là di essi.

Come un sentimento profondo che è stato a lungo ignorato e che al  risveglio grida il proprio disappunto per il tempo passato, ma anche la speranza per il tempo futuro.

Attracco – di Roberta Morandi

Una corsa nei campi, in mezzo al grano, laggiù in fondo la casa della nonna paterna coi suoi gerani rossi e il vaso di basilico sul davanzale della finestrella della cucina. Davanti un’aia di pietre sconnesse e consumate, zampettante di galline, a destra, venendo dal viottolo dei campi, il lavatoio, quadrato e grigio sormontato da una tettoia retta da quattro pilastri di mattoni rossi sbrecciati dal tempo, dove a fine estate vengono appesi grappoli di pomodori da inverno ( quelli che  si mettono in pentola quando si prepara il lesso), su una colonna si arrampica un roso dai fiori color pesca che diffonde intorno un intenso profumo.

Visioni……… un appiglio.

Una ragazzina bruna avanza correndo col suo abitino blu della domenica e un nastro bianco nei capelli. Quando si avvicina ci appare forte  e stridente il contrasto dell’abito della festa con gli zoccoli di legno ai piedi, fangosi quanto basta. Trafelata arriva alla casa, ci ripensa e cambia direzione, va verso il lavatoio, si sciacqua le mani e il viso sudato,  si riassetta i capelli, raddrizza il fiocco, sbirciandosi  allo specchio consunto murato fra i mattoni di una colonna, si avvicina ad una rosa ancora in boccio, l’avvolge con le mani e ne assapora il profumo, beata e felice nel suo vestito della festa: mia nonna, è proprio bella e fiera come solo una contadina dell’ottocento può esserlo…

Il mio attracco sicuro il suo ricordo.

 

L’àncora – di Rossella Gallori

Ho dato un posto ai libri di poesia che mi hai regalato.

Sono a sinistra, all’altezza del cuore,

tra i volumi “Gatti a pelo corto”

Sei stata la mia àncora ed ancora ti amo.

Poi, sei salpato per mari lontani ,

lasciandomi, pesante ed arrugginita, nei miei fondali.

Nessun rancore…..qui, ci sono pesci dai colori bellissimi…

 

Bicicletta – di Lorenzo Salsi

“Quanta strada nei miei sandali / quanta ne avrà fatta Bartali….. ” , ascoltavo questa canzone e pensavo.
Le immagini mi si accavallavano nella mente, come discorsi frammentati ed interrotti, perduti e ritrovati per concluderli.
La mia bici da cross, regalo di Natale, i miei compagni delle medie, la gita a Pontassieve, lunghissima, la bici di Sauro che si ruppe ed io che riuscii ad accomodarla col fil di ferro per farlo tornare a casa.
Ancora, pedalare con la “fidanzata ” di II° media come una coppia navigata .

E poi , il fiato del mio babbo che sentivo caldo sulla testa e sul collo quando mi metteva sul seggiolino “in canna” e la sensazione netta e pulita di protezione con le sue braccia che mi contornavano per tenere il manubrio.

Ah che tempi ! Allontanarsi da casa in bici “un viaggio” col solo sostegno degli amici, dei compagni di classe.
Ah che tempi ! Col babbo si arrivava poco lontano, o dal cugino meccanico o alla Nave a Rovezzano e si prendeva “la nave” serrata tra due funi per andar di là a Sant’ Andrea a Rovezzano.

Ah che tempi ! Il cartoncino nei raggi della ruota tenuto dall’acchiappino per panni …. sperando di imitare un motorino………. poi il motorino vero, la vespa, la macchina … distrussero tutto.

Antico – di Patrizia Casati

Un giorno ho deciso: via i quadri “antichi” o meglio quelli che mi ricordano il tempo passato.

Adesso alle pareti voglio solo quadri colorati, davanti ai quali le forme esprimono  tutto quello che provo in quel momento.

Voglio pensare all’oggi e scacciare l’antico.

Sì, per molti avere qualcosa di antico è un “pregio” per no.

Quello che mi attrae è il moderno: quadri mobili…..

Ricordo in casa mia negli anni 60 ci fu un cambiamento: in cucina, via il mettitutto ed ecco la cucina svedese di formica verde; in salotto via la lumiera di ferro battuto e tavolo di legno con gambe modellate, ed ecco tavolo e sedie e lumiera moderna.

Così da allora via l’antico e benvenuto il moderno!

Ascolto – di Tina Conti

Adesso riesco a ricordarti, vederti, sentirti. Ho pensato tanto alla nostra vita, ho capito tante cose.
Adesso che non ci sei ho capito cosa desideravi, cosa cercavi, sono pronta a rimettermi in gioco con attenzione diversa, ascolterò, mi ascolterò, farò tesoro dei silenzi e delle pause. Guarderò il mondo con occhi nuovi.

 

 

Rosso garanza – di Rossella Gallori

Lacca+di+garanza+(rosso+primario)ROSSO GARANZA[1]

Non mi ha schiacciata e nemmeno protetta dalla burrasca della mia infanzia, ma rimpiango quel nascondiglio, dove, obbiettivamente, se solo lo avessero voluto, mi avrebbero trovata e aiutata ad alzarmi, porgendomi mani e cuore. Non  l’hanno fatto e ne sono uscita da sola, una bimba quadrupede dagli occhi persi, senza una visione nitida dell’oggi e del domani, con uno zaino pesante dal nome “Ieri”.

E ci ritorno ancora  sotto  quel tavolo di “ MARMO ROSSO”,  che  poi tanto rosso non era  se non per una venatura color lacca di garanza, che lo attraversava nel grigio totale, più  un difetto che un pregio, era la passione di mia madre, quel trofeo da cucina, l ‘ unica cosa sua, che “QUELLI”, i tedeschi, diceva, non si erano portati via…..aggiungendo poi , facendo il gesto di sputar per terra:  meglio i gioielli, i quadri, le persone…maledetti.

Era il mio rifugio,  avevo e portavo lì tutto quello che mi serviva, anche di più: foto…pane  burro e sale ..un orso un po’  intignato…il libro Pinocchio ancora incartato del mio babbo, troppo prezioso per leggerlo, sgualcirlo….la scimmia di lana nera con la pancia rosa fatta da mia madre ( bruttissima) …due matite e una gomma che non usavo per non sciuparle, cose mie, solo mie , come il quaderno con la copertina lucida ed una radio portatile che funzionava male .

Poi ci ho portato anche quello che non avevo: sogni , progetti, ricordi, canzoni inventate, poesie fasulle  colori , carezze e baci…sì baci….tanti baci.

Gli scrittori, quelli  veri, sanno trasformare la bugia in realtà, un’idea diventa un buon romanzo, io, la mia verità non la so nemmeno aggiustare, porgere. Sembra tutto un unico ricordo, e quando questo diventa troppo pesante , torno sotto quel tavolo “NON ROSSO “ di marmo che chissà  dov’è; quando non dormo e la luna stronza non ha voglia di sparire, e è troppo tardi per dire buonanotte ad un amico e troppo presto per chiamarne un altro, quando la voglia di caffè  è forte come quella di un abbraccio, quando sono stanca dentro e fuori, quando il sole è troppo vigliacco per scaldarmi…ma più che altro, soprattutto  ….quando ho PAURA…

[1] garanza s. f. [dal fr. garance, che è dal franco *wratja, a sua volta prestito del lat. brattea]. – 1.Pianta tintoria detta più comunem. robbia2. Colore rosso ottenuto dalla radice di questa pianta.